Domenica 23 novembre 1980, ore 19:34:53. Quarant’anni fa esattamente. Non c’era Sky, né tantomeno i telefonini, e non c’era nemmeno Internet. In molti cortili c’erano le auto parcheggiate, perlopiù utilitarie, da utilizzare il giorno dopo per andare a lavoro: Fiat 850, Innocenti 112 o Vespa e Lambretta quando era bel tempo. Nei garage anche il ciclomotore Ciao, della Piaggio. Come Presidente della Repubblica un ex partigiano 84enne, Sandro Pertini. E per lo sport in Tv spazio soltanto nelle grandi occasioni. Del campionato si poteva vedere un tempo della partita più importante della giornata, un paio di ore dopo il fischio finale, quasi sempre il secondo. Quella sera proprio un tempo di una delle gare pomeridiane, allora si giocava sempre di domenica e solo alle ore 15,00, stava scorrendo sui televisori di casa. Un momento per ripensare una volta in più alla schedina all’ora di cena, per poi tuffarsi nella Domenica sportiva e nella moviola di Carlo Sassi. Ma quella maledetta sera le cose non andarono esattamente così: per 90 interminabili secondi la terra ballò e per gli abitanti di un’area pari17.000 km², essenzialmente tra Campania e Basilicata ma non solo, il corso della storia cambiò direzione. Su 679 comuni delle otto aree interessate da quel tremendo terremoto (10 grado, ma allora era ancora in voga la scala Mercalli), ben 506 subirono danni. Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia. Macerie ovunque, in alcuni tragici casi, solo macerie. Laviano, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi, Calabritto. E poi Teora, Castelnuovo e Conza. Dio mio! In quale inferno erano piombate quelle cittadine solitamente così tranquille! Pochi attimi e non c’era più nulla. Solo distruzione. E morte. Alla fine 280.000 sfollati, 8.848 feriti e, secondo le stime più attendibili, 2.914 morti. Certo ci furono ritardi, ma va detto che si registrano ancora oggi dato che in molti casi i fondi (tanti!) destinati alla ricostruzione non sono ancora arrivati. Ammesso, e non concesso, che arriveranno un giorno. Figuriamoci allora, di fronte ad una tragedia immane ed improvvisa, con molte delle strade dei comuni colpiti crollate o ricoperte di neve. Del resto, allora novembre era ancora novembre con la neve che cadeva dove doveva cadere e le allerte meteo che si contavano sulle dita di una mano. Scattò comunque una solidarietà della quale andare per sempre orgogliosi. Squadre di soccorso, con giovani e meno giovani, istituzionali e no, partirono da ogni angolo d’Italia e tanti artisti resero disponibili addirittura i propri Tir, solitamente utilizzati per le tournée. Non mancarono episodi di sciacallaggio, ma ci fu tanta umanità. E tanto coraggio. E poi c’era Pertini, emblema di una classe politica che di macerie ne aveva viste tante e che, nonostante tutto, ci aveva portato al benessere. Non molte ore dopo era sul luogo della tragedia. A puntare l’indice contro i ritardi. Memorabile il suo discorso a reti unificate. ““Un appello voglio rivolgere a voi, italiane e italiani, senza retorica, un appello che sorge dal mio cuore, di un uomo che ha assistito a tante tragedie, a degli spettacoli, che mai dimenticherò, di dolore e di disperazione in quei paesi. A tutte le italiane e gli italiani: qui non c’entra la politica, qui c’entra la solidarietà umana, tutte le italiane e gli italiani devono mobilitarsi per andare in aiuto a questi fratelli colpiti da questa nuova sciagura. Perché, credetemi, il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi”.

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