Alla fine di una giornata di polemiche e smentite è direttamente Giorgia Meloni a scendere in campo a difesa dell’assegno unico. “Non lo aboliremo”, garantisce in un video sui social nel quale compare insieme al ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti. Non solo. La premier si dice addirittura pronta a dare battaglia in Europa visto che la misura è entrata nel mirino della commissione. Quello che viene in sostanza contestato della norma è la mancanza di universalità visto che a usufruirne è solo chi ha la residenza nel Paese. “Stiamo dando battaglia in Europa – sottolinea Meloni – proprio perchè non si creino problemi visto che la Commissione ci dice che dovremmo darlo anche ai lavoratori immigrati che ci sono in Italia e che di fatto vuol dire uccidere l’assegno unico”. Una possibilità, quella dell’estensione agli extracomunitari, che, già quando erano emersi i rilievi europei, Meloni aveva bollato come insostenibile. Insomma, sostiene la premier, se l’assegno salterà la colpa sarà di un’Europa alla quale da tempo il governo chiede un cambio di rotta. In ogni caso, al di là delle smentite, la notizia anticipata da ‘Repubblica’ che si stia valutando una rivisitazione della norma non viene negata dalla maggioranza, anche a taccuini aperti. Ritocchi, si puntualizza, però, con l’obiettivo di rendere la misura più efficace e impattante sui ceti più bassi, non uno stop. Le opposizioni e i sindacati, intanto, sono sulle barricate a difesa del provvedimento varato dal governo Draghi e che riguarda circa 6 milioni di nuclei. Se fosse cancellato “sarebbe gravissimo”, attacca la segretaria Dem Elly Schlein che accusa di “settarismo” un governo che “stravolge le misure non fatte da loro, anche se funzionano, per mettere una bandierina”. “Un anno fa FdI – sottolinea il capogruppo M5s Stefano Patuanelli – si diceva contrario all’assegno unico, per loro era un bonus da abolire, oggi però corrono ai ripari dicendo giustamente che l’assegno unico non si tocca. Siamo a un livello di presa in giro dei cittadini mai visto”. Qualche aggiustamento sarebbe, comunque, alle viste nell’ambito della ricognizione, anche a caccia di risorse, che il governo sta facendo complessivamente su agevolazioni e bonus per valutarne l’effettiva efficacia. Si tratta “non di cancellarlo – sottolinea la capogruppo di FdI in commissione Bilancio alla Camera Ylenia Lucaselli – ma semmai di migliorarlo per fare in modo che le famiglie che ne hanno reale necessità ne usufruiscano”. Una delle ipotesi sulla quale i tecnici sarebbero al lavoro è quella, tra l’altro, di escludere l’assegno dall’Isee per evitare un ricasco su altre eventuali agevolazioni. “Sicuramente – osserva il presidente della commissione Finanze della Camera Marco Osnato (FdI) – c’è una premialità ridotta su natalità e per le famiglie numerose, sulla cumulabilità con Isee e quindi anche su questo bisogna ragionare”. Il governo è comunque al lavoro sul complesso del pacchetto famiglia che, per il momento, peserebbe intorno al miliardo. E nel quale sembra piuttosto imprescindibile il capitolo delle madri lavoratrici. L’agevolazione fiscale, finanziata solo fino alla fine di quest’anno per quelle che hanno due figli, va rifinanziato e nelle intenzioni del governo ci sarebbe anche quella di estenderlo alle partite Iva. Altro capitolo aperto è quello pensioni. E qui qualcosa potrebbe arrivare sul fronte delle minime. “Sulle pensioni minime vanno mantenuti gli adeguamenti anche per il 2025”, ribadisce il capogruppo azzurro alla Camera Paolo Barelli anche in vista del vertice di domani a Palazzo Chigi nel quale si parlerà di manovra. Difficile, però, almeno per il momento – spiegano fonti di maggioranza – pensare a qualcosa di più strutturale come Quota 41. Il Mef definisce “fantasiosa e senza alcun fondamento l’ipotesi di tagli agli assegni per i figli in vista della prossima manovra”. La ministra Roccella chiede invece di considerare che l’Unione Europea ha aperto sul provvedimento una procedura di infrazione. “La Ue – prosegue Roccella – chiede di cancellare completamente il requisito della residenza in Italia (attualmente di due anni) per i percettori dell’assegno non lavoratori, e anche quello della durata del rapporto di lavoro (attualmente di almeno 6 mesi), e addirittura di riconoscere l’assegno anche a chi ha figli residenti all’estero. Non servirebbe più quindi vivere nel nostro Paese, ma basterebbe lavorarci anche solo per un giorno per fruire del contributo”.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui