In conclusione dell’incontro con i sindacati sulla manovra, la premier Giorgia Meloni, a quanto si apprende, ha ringraziato i rappresentanti delle organizzazioni per il confronto “franco e costruttivo”. La premier ha inoltre elencato le questioni sulle quali il governo si trova d’accordo con i sindacati a partire dal cuneo fiscale, e si è dichiarata “favorevole” anche a molte altre misure citate dai sindacati. La premier ha posto l’accento, in particolare, sulla detassazione degli aumenti contrattuali e ha spiegato che la misura “sarebbe stata sostituiva del cuneo perché il costo si aggirava sui 10-11 miliardi di euro e quindi abbiamo dovuto fare una scelta”. “Sarebbe bello rendere strutturale” il taglio del cuneo “ma diventa difficile in questo preciso contesto quando non sappiamo ancora quali saranno le regole con le quali operiamo nei prossimi anni”, ha detto la premier, in conclusione dell’incontro con i sindacati sulla manovra. “Credo si possa riconoscere che il governo ce la sta mettendo tutta per arrivare a un nuovo Patto di stabilità e di crescita che sia sostenibile e orientato più alla crescita che non alla stabilità” ha aggiunto. “Stiamo lavorando per modificare la misura nel migliore dei modi, garantendo che non ci sia nessuna penalizzazione per chi si ritira con la pensione di vecchiaia e garantendo che non ci sia nessuna penalizzazione per chi raggiunge al 31.12.2023 i requisiti attualmente previsti. Questo per tutti, non solo per il comparto sanità. Per il comparto sanità si sta valutando un ulteriore meccanismo di tutela in modo da ridurre la penalizzazione all’approssimarsi all’età della pensione di vecchiaia. Faremo del nostro meglio per risolvere e correggere”. Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni al tavolo con i sindacati sulla manovra. Pensioni di vecchiaia senza penalizzazioni “per tutti, non solo per il comparto sanità”. E per medici, infermieri e il comparto sanitario “un ulteriore meccanismo di tutela in modo da ridurre la penalizzazione all’approssimarsi all’età della pensione di vecchiaia” che però si sta ancora “valutando”, ha spiegato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ai sindacati al tavolo a Palazzo Chigi sulla manovra a proposito della stretta sulle pensioni di alcune categorie di dipendenti pubblici. L’esecutivo, ha garantito Meloni, è al lavoro per “risolvere e correggere”, modificando la misura “nel migliore dei modi”. Tre ipotesi di modifica – Salvaguardia dell’assegno per chi va in pensione raggiunti i requisiti di vecchiaia, taglio ma “graduale” per chi sceglie l’anticipo e il mantenimento dei diritti acquisiti al 31 dicembre 2023: sarebbero queste, secondo quanto si apprende, le ipotesi avanzate dal governo al tavolo con i sindacati a Palazzo Chigi per rivedere la stretta sulle pensioni di medici, sanitari e altre categorie della Pa previste in manovra. Dall’esecutivo è stato spiegato che si sta ancora “lavorando” per rivedere l’articolo 33 che taglia le aliquote di rendimento delle pensioni di alcune categorie, sottolineando che vanno rispettati i vincoli di bilancio. Per il governo erano presenti i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, i ministri Giancarlo Giorgetti, Francesco Lollobrigida, Marina Calderone, Raffaele Fitto e il viceministro Valentino Valentini. Per i sindacati partecipano i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, Maurizio Landini, Luigi Sbarra, Pierpaolo Bombardieri e Paolo Capone, insieme alle altre sigle Cida, Cisal, Confintesa, Confsal e Usb. “Conferma tutte le ragioni dello sciopero perché al di là dell’ascolto, al momento il governo non ha cambiato nulla della manovra”. E sull’articolo 33, che riguarda le pensioni dei medici “si è limitato a dire che stanno ragionando. Continua a essere una manovra sbagliata”. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, al termine dell’incontro a palazzo Chigi sulla manovra. “Il governo ha confermato l’impostazione della manovra. L’articolo 33”, quello su aliquote e rendimenti pensionistici, “viene confermato: solo su questo stanno valutando eventuali modifiche”. Lo ha detto il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri, lasciando Palazzo Chigi al termine dell’incontro fra esecutivo e sindacati. “Si conferma ancora una volta l’insensibilità alle tante richieste che vengono dalle piazze – ha aggiunto -. Alla domanda se è vero o falso che fanno cassa sulle pensioni, non hanno risposto, come ci aspettavamo”. E’ stato “un incontro molto importante sia nel metodo che nel merito” e “un segno di rispetto dopo le mobilitazioni”. Così il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, al termine dell’incontro sulla manovra. “Noi abbiamo chiesto di ritirare l’articolo 33, il governo ci ha assicurato che interverranno dei cambiamenti e miglioramenti della norma: aliquote e rendimenti dei futuri trattamenti pensionistici di medici, infermieri, personale di enti locali, maestre d’asilo dovrebbero restare quelli attuali per la pensione di vecchiaia. E sta ragionando in queste ore per introdurre miglioramenti anche per la pensione anticipata”. Da gennaio pensioni un po’ più pesanti, anche se non allo stesso modo per tutti. Il governo ha fissato per il prossimo anno l’adeguamento all’inflazione al 5,4%. Ma in forza del meccanismo a fasce che garantisce la perequazione piena solo agli assegni fino a circa 2.200 euro, gli aumenti saranno diversificati, fino ad un massimo di 130 euro nelle fasce in cui si concentra la maggior parte dei pensionati. Un decreto firmato dal ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, di concerto con la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone, fissa la percentuale con cui verranno rivalutate le pensioni nel 2024. Il nuovo schema introdotto lo scorso anno per indicizzare le pensioni garantisce l’adeguamento al 100% solo per le pensioni fino a 4 volte il minimo (il minimo è fissato per il 2023 al 563,74 euro, ma cui va aggiunto lo 0,8% di differenza tra l’inflazione recuperata quest’anno, 7,3%, e quella effettiva registrata nel 2022, 8,1%): per le altre l’adeguamento sarà solo parziale (dall’85% fino al 22% delle pensioni più ricche). La percentuale si riduce così al 4,59% per le pensioni tra 4 e 5 volte il minimo (2.200-2.800 euro), per incrementi fino a 130 euro; fino a ridursi all’1,18% per gli assegni più ricchi, quelli sopra i 5.600 euro, con aumenti a partire da 67 euro. Un aiuto che però non basta a placare le critiche sul tema delle pensioni. Che sarà oggi in cima alle priorità del confronto a Palazzo Chigi tra il governo e i sindacati sulla manovra. In attesa di capire la posizione dell’esecutivo, la Cisl torna a chiedere di ritirare il discusso articolo 33 che taglia i rendimenti delle pensioni di statali e medici: “Bisogna togliere le ombre sulle pensioni”, dice il segretario Luigi Sbarra. La manovra “è sbagliata” e da cambiare, torna a ripetere il segretario della Cgil Maurizio Landini. Che dalla tappa a Cagliari della mobilitazione indetta in tutta Italia insieme alla Uil, insiste nel difendere il diritto di sciopero: “Attaccarlo vuol dire limitare la libertà delle persone”, dice spiegando la scelta di impugnare insieme alla Uil il provvedimento di precettazione. E lo scontro tra il fronte sindacale e il governo resta infuocato, con il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, che si scaglia contro lo sciopero dei mezzi pubblici rinviato al 15 dicembre: “Farò tutto quello che la legge mi permette per ridurre al minimo i disagi”, assicura. Intanto il lavoro in Parlamento sul decreto anticipi registra qualche rallentamento, che rischia di ripercuotersi sulla manovra. Le riunioni al Senato con il governo per fare il punto e iniziare a votare sugli emendamenti si arenano sull’annuncio di una decina di modifiche del governo in arrivo. Una dovrebbe essere sugli affitti brevi, con il Codice identificativo richiesto a più riprese da Fi. Altri 4 emendamenti sono attesi dai relatori e riguarderanno una serie di novità concordate nel centrodestra, che non sono potute entrare nel decreto proroghe, tra cui i concorsi nella Consob e la fattura elettronica. Sugli emendamenti del governo, però, secondo quanto riferisce l’opposizione, si sarebbe reso necessario anche un passaggio in consiglio dei ministri. Segnale delle divisioni dentro la maggioranza, sostengono Pd, M5s e Avs, che avvertono: così, senza un quadro chiaro non si procede. La volontà nella maggioranza è di votare a partire da mercoledì e chiudere in commissione entro la settimana: il provvedimento è atteso in Aula al Senato dal 5 dicembre; mentre la legge di bilancio a partire dal 12. L’indicazione è procedere solo con le modifiche ordinamentali, anche se dalla maggioranza non si esclude che possa passare qualche piccolo ritocco che necessiti di finanziamento. Molti i temi caldi ancora in ballo, dalla soluzione sui mutui dei bancari al bonus psicologo, che però potrebbe rientrare attraverso la manovra. Esclusi invece interventi sul Superbonus: il governo, spiegano le opposizioni, ha confermato che non ci sarà nulla, né nel dl anticipi, né in manovra.
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