È il venerdì nero di Gennaro Oliviero. Il rastrellamento di tessere in provincia di Caserta pianificato militarmente dal presidente del consiglio regionale della Campania è diventato un caso nazionale. L’avevamo previsto. Era semplice. Ma Oliviero non riesce a leggere nemmeno i libri di politica di scuola elementare. La platea degli iscritti del Pd si è gonfiata a dismisura. Lui ne è uscito come un pallone sgonfiato. Sul timoniere del parlamentino campano si è abbattuta l’ira degli dei del partito. Da Roma sono scandalizzati e disgustati da quello che è avvenuto in Terra di Lavoro: seimila tessere, 5 circoli aperti. Si è andati ben oltre il ribrezzo in alcune città. Prima fra tutte quella di Oliviero. Nella sola Sessa Aurunca gli iscritti hanno raggiunto quota mille. Non è un’anomalia. È un grande imbroglio. Una truffa (im)politica. Da segnare con il circoletto rosso anche i dati di altri Comuni. La discrasia tra il voto alle politiche e il numero dei tesserati è la dimostrazione matematica del cancro mortale che si è diffuso nel Pd casertano. Metastasi visibili anche senza esami strumentali. Se i vertici romani hanno già consumato scatoloni di Maalox la base del partito è da giorni con la testa riversa nel water per evitare che il vomito sporchi il pavimento. Il caso Caserta è indigesto anche agli stomaci di ferro. Grida vendetta. Un partito che vuole rinascere passando per una fase costituente ucciso nella culla da chi è animato da sconfinate mire personalistiche. “Il Pd è cosa mia”, questa la parola d’ordine circolata soprattutto nel mese di gennaio. Un mantra per ribadire che c’è un solo padrone. Altro che partecipazione e condivisione di un nuovo progetto politico. Qui, a Caserta, si è consumata una guerra tribale a colpi di machete. Pardon, a suon di tessere. Seimila iscritti sono un abominio. Uno sfregio al tanto promesso cambiamento. Un calcio in faccia al popolo democratico e del centrosinistra. Un’infamia. Chi si porta sulle spalle il feretro del Pd ha un nome e cognome. Sempre lo stesso. Quello che, come ha giustamente evidenziato Susanna Camusso, “alle ultime politiche non ha votato per il partito” (clicca qui). In campagna elettorale veniva chiesto a dirigenti e militanti di non mettere la x sul simbolo del Pd perché i capilista erano la stessa Camusso e Stefano Graziano. All’apertura del tesseramento agli stessi che avrebbero dovuto boicottare il Pd si è “consigliato” di iscriversi al partito. Non è più politica. È sciacallaggio. Che infanga innanzitutto l’immagine di Stefano Bonaccini. A Caserta il tesseramento selvaggio è tutto interno alla mozione del governatore dell’Emilia Romagna.
Non a caso l’aspirante segretario nazionale ha detto a chiare lettere che “serve trasparenza e rigore”: “Due cose nella vita devono essere rispettate, l’onestà e la sobrietà. Chi si candida e chi milita deve avere come condizione l’assoluta onestà”. Bonaccini ha avuto un colloquio con Gianni Cuperlo dopo la denuncia sulle tessere “dopate”: “Gli ho detto che, laddove c’è qualche anomalia, dobbiamo fare in modo che le commissioni intervengano senza guardare in faccia nessuno”. Pina Picierno, in ticket con Bonaccini, rincara la dose: “Tutto il Pd deve essere mobilitato affinché il voto tra gli iscritti si svolga all’insegna della trasparenza, del rigore e di regole certe. In particolare – afferma il vicepresidente del Parlamento europeo, invisa a Oliviero fino alla patologia – siamo vigili sulla questione del tesseramento, che richiede un’attenzione particolare a qualsiasi dettaglio per evitare ogni genere di opacità”. Cuperlo rilancia via Twitter: “Contro i ‘Signori delle tessere’ ho chiesto assoluta trasparenza. Sono certo che Bonaccini, Schlein e De Micheli la pensano allo stesso modo. Discutiamo e votiamo. Ma difendiamo l’onestà di un partito che deve risalire il sentiero e costruire l’alternativa alla destra”. Tuttavia già sono emersi i casi di pacchetti di tessere acquistati con una stessa carta di credito. A Caserta sarebbero centinaia. Tempo perso. Saranno cancellate.
Tramite il portavoce della sua mozione Elly Schlein è tranciante: “In queste condizioni i congressi di circolo non possono celebrarsi”. Il venerdì nero di Gennaro Oliviero si conclude con la bordata a mezzo Facebook di Raffaela Pignetti, presidente dell’Asi Aversa Nord, la zona industriale più grande del Sud. “Presidente, anche se nel suo pregiatissimo curriculum pubblico lo ha omesso, la sua prima elezione a consigliere regionale – anno 2005- è avvenuta proprio mentre era componente del Cda del Consorzio Asi. Dovrebbe avere un po’ di riconoscenza e di rispetto per questo Ente che ha gestito e soprattutto le ha fatto da trampolino di lancio”. Pignetti colpisce e affonda Oliviero sulle ingerenze della politica nelle Asl: “Dall’alto del suo ruolo dovrebbe essere custode degli interessi di questa provincia, cercando di portare a casa più tutele possibili per i cittadini; più che dell’Asi dovrebbe preoccuparsi dei lavoratori, delle imprese, dell’ambiente e della lotta alla camorra che torna in forme diverse. A noi delle Asl, che invece a molti altri stanno tanto a cuore, interessa solo quanto bene funzionino nell’interesse della salute dei cittadini”. Tritolo. Napalm. Sotto le bombe Gennaro Oliviero. Nemmeno i Marines riuscirebbero a salvare il soldato Ryan.
Mario De Michele