Il giudice per le indagini Luigi Levita non ha dubbi: è assolutamente plausibile l’ipotesi che i genitori della piccola Jolanda abbiano concordato le linee difensive da tenere rispettivamente nell’immediatezza. Insomma Immacolata Monti e Giuseppe Passariello erano «complici». Ne è convinto il gip, così come la Procura, che nell’ordinanza che ha portato due giorni fa in carcere la 30enne di Sant’Egidio del Monte Albino, con l’accusa di omicidio pluriaggravato e maltrattamenti in concorso. L’accusa sarebbe confermata dal fatto che quando i due vengono lasciati soli, in una stanza del commissariato di polizia, il 22 giugno.

A distanza di diverse ore dal decesso della loro figlia di soli 8 mesi, a seguito del quale lo stesso Giuseppe Passariello tenterà anche una fuga, in stazione a Salerno, prima di essere arrestato. Eppure, fino a quel momento, «alcuna menzione viene fatta sulla natura omicidiaria dell’evento». I primi risultati dell’autopsia saranno infatti depositati solo giorni dopo, mentre né polizia e medici avevano «paventato» un esito così tragico.

Immacolata Monti sarà interrogata nelle prossime ore dal gip. Le indagini della Procura, coordinate dal sostituto procuratore Roberto Lenza, non sono però concluse. Va chiarito il movente, al momento sconosciuto e legato a diverse ipotesi. Risulterà fondamentale, a riguardo, l’esito dell’autopsia. La misura del carcere viene però ritenuta «pienamente sussistente» per Immacolata Monti, a causa di un «evidente e concreto pericolo di reiterazione dei reati». E per una personalità, la sua, definita «allarmante».

 

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