Dovevano bere un miscuglio di sangue di animale e resti bruciati della propria foto e di quella raffigurante un’aquila nera gli immigrati africani che entravano a far parte, a Castel Volturno (Caserta) del gruppo dell’Eye, agguerrita organizzazione che trafficava e spacciava droga per conto ‘dell’associazione madre’ che opera in Nigeria. Il rito si concludeva con la pronuncia di un giuramento di fedeltà ad un codice. Il gruppo smantellato con 22 arresti dai carabinieri con il coordinamento della Dda di Napoli non è ancora giuridicamente qualificabile come clan mafioso nel senso tradizionale del termine, non essendo stata contestata l’associazione mafiosa (articolo 416bis del codice penale), ma di certo i rituali ricordano, seppur con aspetti più tribali, il rito della punciuta di Cosa Nostra; tra l’altro, come avviene nei clan campani, chi entra a far parte del gruppo dopo il rituale non può più uscirne. L’organizzazione comunque, seppur non avesse il controllo completo del territorio di Castel Volturno, svolgeva alcune delle classiche attività delle cosche italiane, ovvero imponeva il pizzo agli immigrati africani che svolgevano attività economiche che in caso di rifiuto veniva puniti con pestaggi. L’organizzazione era formata soprattutto da nigeriani, ghanesi e liberiani.

 

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