Il legame con il fondatore dei clan dei Casalesi Antonio Bardellino, i compiti che per il boss assolveva, tra cui la fornitura di documenti, come un passaporto, e una tragedia aerea che provocò 144 vittime, l’8 febbraio del 1989, nelle Azzorre. Le indagini sull’omicidio del vigile urbano Antonio Diana, avvenuto 27 anni fa (l’11 febbraio 1989) – per il quale oggi i carabinieri hanno notificato 7 misure cautelari – hanno riacceso l’interesse degli investigatori della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli (sostituti procuratori Catello Maresca e Simona Rossi) sulla presunta morte di Bardellino e sul tesoro del capoclan, mai ritrovato come il suo cadavere. Secondo alcuni collaboratori di giustizia, Bardellino sarebbe stato ucciso in Brasile nel maggio del 1988 dal suo braccio destro, Mario Iovine, a sua volta assassinato in Portogallo nel 1991. Una morte, quella del fondatore del clan dei Casalesi, non avvalorata da prove inoppugnabili e sulla quale c’è ancora mistero. Ad mettere in dubbio che Bardellino fosse morto contribuirono anche le dichiarazioni di Tommaso Buscetta, a cui Bardellino era legato, rese a un magistrato nel 1993. E nella vicenda riemerge un presunto collegamento con la tragedia aerea delle Azzorre dell’8 febbraio del 1989, che provocò 144 vittime: un Boeing 707 decollato dall’aeroporto Orio al Serio di Bergamo e diretto a Santo Domingo (una delle località dove si riteneva che Bardellino si fosse rifugiato) si schiantò contro il Pico Alto, una montagna dell’isola dell’arcipelago al largo del Portogallo. Sul quel volo, secondo alcune notizie, ci sarebbe stata una persona legata a Bardellino, che aveva con se un passaporto per il boss, già all’epoca ritenuto morto. Un documento che, sempre secondo la stessa fonte, gli era stato procurato dal vigile urbano di San Cipriano d’Aversa Antonio Diana, ucciso tre giorni dopo l’incidente aereo.