Gianpaolo Tarantini e la moglie Angela Devenuto, arrestati giovedì dalla Digos per ordine della magistratura di Napoli con l’accusa di estorsione nei riguardi del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, saranno interrogati oggi dal gip Amelia Primavera.

Agli interrogatori di garanzia parteciperanno anche i tre pm napoletani che hanno richiesto l’arresto – Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock – e i difensori degli indagati, che non potranno parlare con Tarantini e la moglie se non dopo gli interrogatori, per espresso divieto del gip. L’interrogatorio di Tarantini – l’uomo che procurava le escort al premier per le serate a palazzo Grazioli e a Villa Certosa – avverrà nel carcere di Poggioreale; quello della moglie nel carcere femminile di Pozzuoli o in un’altra sede da definire. Marinella Brambilla, “storica” segretaria particolare del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, è stata convocata per le 16 di oggi in Procura a Napoli, per essere ascoltata, in qualità di persona informata sui fatti, dai pubblici ministeri Francesco Curcio, Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli nell’inchiesta che ha determinato ieri l’arresto di Gianpaolo Tarantini e della moglie Angela Devenuto per un presunto ricatto al premier. Secondo quanto si sostiene nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Amelia Primavera, Brambilla, per conto del premier, avrebbe consegnato denaro a un collaboratore di Valter Lavitola. Quest’ultimo (anche lui colpito da misura cautelare, ma irreperibile) ne avrebbe girato una parte a Tarantini e ad altri indagati, trattenendo per sé quella più consistente. In forza dello “speciale rapporto di vicinanza” tra Lavitola e Berlusconi, come scrive il gip di Napoli nell’ordinanza di custodia cautelare, Marinella Brambilla (“da molti anni responsabile della segreteria personale di Silvio Berlusconi, ed oggi funzionario della Presidenza del Consiglio”), “é abilitata a concordare con lo stesso Lavitola la consegna di consistenti somme di danaro in contanti che il Lavitola provvede poi a far ritirare dal suo incaricato, secondo tempi e modalità ispirate al massimo della riservatezza e della circospezione possibile, utilizzandosi a tale scopo nei colloqui con la Brambilla, termini criptici e convenzionali per riferirsi ai soldi, concordemente definiti ‘fotografie da stampare'”. Dalle indagini “é poi emerso che dette somme di denaro vengono consegnate prima dalla Brambilla a Rafael Chavez, collaboratore di origine peruviana del Lavitola delegato al ritiro”, che la Brambilla nelle intercettazioni chiama ‘Juannino’, e quindi smistate tra i vari indagati. Il denaro, in realtà, sarebbe destinato originariamente al solo Giampaolo Tarantini e famiglia, ma Lavitola ne trattiene una parte consistente destinandola “alle proprie iniziative economiche ed immobiliari gestite in diverse parti del territorio italiano, insieme al cugino Antonio Lavitola e al collaboratore Fabio Sansivieri”, anch’essi indagati. Il gip scrive che “le somme che solo nell’ultimo periodo risultano essere state consegnate in tal modo dalla Brambilla al Lavitola ammontano a cinquecentomila euro”, di cui soltanto 100 mila sarebbero finite nelle mani di Tarantini. Fondamentali per ricostruire questi passaggi di denaro sono state le intercettazioni telefoniche. Lavitola chiama l’ufficio della Brambilla utilizzando un cellulare con scheda panamense: crede che non possa essere intercettato, ma in realtà non è così.

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