Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno Bisogna partire proprio da queste parole scritte nel documento ‘Per amore del mio popolo”, per comprendere cosa sta accadendo nel nostro tempo ed il motivo degli attacchi giornalistici (il riferimento è a Campania Notizie, ndr) a coloro che ogni giorno si impegnano a togliere terreno al consenso sociale del malaffare, della camorra e della corruzione ad ampio spettro. Bisogna riavvolgere il filo perché altrimenti correremmo il rischio, come associazioni e come singoli cittadini che hanno scelto da che parte stare, di chiuderci in un silenzio di rassegnazione e di scoramento. Andiamo ai fatti. Il Comitato don Peppe Diana e Libera Caserta, sono state accusate di aver scelto la deriva politica tacciando di chissà quali colpe alcuni componenti ed associati. Perché l’impegno politico dovrebbe essere deriva? L’impegno di persone oneste che hanno a lungo già dimostrato di esserlo è da considerare come un valore aggiunto da enumerare nell’elenco delle cose buone e non come un’ombra da cui guardarsi le spalle. Se nella politica non può esserci posto per coloro che hanno una storica coerenza di scelte da rivendicare, non capiamo a quali personaggi e per quali obiettivi dovrebbero essere lasciato lo spazio.
Più salutare sarebbe, anzi, invitare quanti hanno la schiena dritta a fare politica mettendosi in gioco e certamente non l’inverso. Nel 2018 il Comitato don Peppe Diana volle promuovere gli Stati generali delle Terre di don Peppe Diana con diversi contributi di magistrati, giornalisti, forze dell’ordine, economisti, sociologi, antropologi, medici, docenti, formatori e operatori a vario titolo che a Casal di Principe si incontrarono per pensare insieme ad un Patto d’azione corale. Sentimmo il dovere di non abbandonarci all’incertezza dinanzi alla criminalità organizzata e spicciola che accelerano i processi di disgregazione della società. “Avvertiamo, la responsabilità di uscire al di fuori delle nostre associazioni e di guidare insieme il processo di cambiamento per recuperare la concretezza delle azioni e la bellezza dei luoghi. Possiamo scegliere un’altra strada che porti ad una nuova visione di cittadinanza, ad una reciproca attenzione, a condizioni di sviluppo locale più vere e concrete per tutti”, ecco cosa scrivevamo ed ecco cosa ancora rivendichiamo. Negli attacchi ‘giornalistici’ contro il Comitato don Peppe Diana e Libera Caserta che, ci si consenta, sono evidentemente basati su false ricostruzioni che non fanno onore al modus operandi dell’inchiesta, si è dato sfogo ad un blaterare insensato. Le nostre associazioni così come i nostri associati hanno sempre detto con chiarezza, fino a ripeterlo in tutte le sedi e le occasioni possibili, l’intenzione di praticare economia sociale quale antidoto dell’economia criminale a partire dal riutilizzo sociale dei beni confiscati.
È solo partendo da uno sviluppo locale, etico e morale oltre che concreto e capace di configurarsi come reale alternativa che possiamo pensare di affrancarci dalla camorra e dagli interessi subdoli. Nel nostro ‘Manifesto delle Terre di don Peppe Diana’, cui ci riferiamo ancora per incrollabile coerenza, insieme sottolineammo la necessità di uno sviluppo che non abbia paura di confrontarsi con il mercato del profit aiutato dalla sensibilità del non profit. Pensiamo ad un sistema di welfare con al centro il riutilizzo dei beni confiscati. Sentiamo la responsabilità di avviare un percorso di recupero dei familiari dei camorristi o degli stessi ex camorristi che espiata la pena decidono di cambiare vita, chiedendo con pubblica abiura una chance alla società, attraverso intese fra Magistrature, Uepe e associazioni che gestiscono beni confiscati. Così come da anni parliamo del bisogno fondamentale di evitare che i familiari delle vittime innocenti della criminalità organizzata si sentano numero tra i numeri, vittime una seconda o terza volta a causa di parentele che non si sono scelte. Fatta questa necessaria ed esplicita premessa, utile per capire quale sia la ragione di quegli attacchi ‘giornalistici’, chiariamo che Nco, iscritta al Comitato don Peppe Diana e aderente a Libera è un consorzio di cooperative sociali. Attraverso un modello di welfare comunitario e il riutilizzo sociale di beni confiscati alla criminalità organizzata o beni comuni, promuove una filiera produttiva pensata per generare inclusione, occasioni di lavoro dignitoso e percorsi terapeutici, riabilitativi e di salute per persone svantaggiate e a rischio marginalizzazione come minori, persone con disagio psichico, ex detenuti ed ex tossicodipendenti.
Il Presidente è Simmaco Perillo e non Peppe Pagano così come è stato scritto negli articoli-attacchi in cui le associazioni sono state fatte bersaglio e con loro i soci, la storia, i volontari tutti. A colui che ha scritto che Peppe Pagano e Mirella Letizia, gestiscono 22 beni confiscati, diciamo innanzitutto che i beni confiscati sono gestiti e amministrati da cooperative sociali ma questo probabilmente è stato ritenuto un particolare da omissare visto l’obiettivo. Letizia, fin dal momento in cui si è candidata al Comune di Casal di Principe non solo non è più presidente dell’Eureka ma non è neppure socia. Diciamo che il Consorzio Nco, per intero ha 8 beni confiscati e 1 bene comune liberato (parliamo della Fattoria Fuori di zucca, all’interno del Parco della Maddalena ad Aversa). Capiamo che nel tentativo di disegnare qualcosa di inesistente si sia voluto far credere altro. Le attività della filiera produttiva di Nco finalizzata a favorire percorsi terapeutici, riabilitativi e di salute per persone in difficoltà, con attività imprenditoriali realizzate a partire dai beni confiscati alla criminalità organizzata e organizzate in filiera, si svolgono presso i seguenti beni “liberati”: “Alberto Varone” a Maiano di Sessa Aurunca, “Antonio Landieri” a Pugliano di Teano, “La Fabbrica delle idee” a San Cipriano d’Aversa, “Centro Don Milani” a Casal di Principe, “Terra Mia” a Cancello ed Arnone, “Centro di agricoltura sociale A. Di Bona” a Casal di Principe, “Fuori di Zucca” ad Aversa.
Le cooperative Agropoli ed Eureka sono diverse per mission e per competenze. Non sono un tutt’uno e lo dimostrano i rami di azione: la prima per la ristorazione e budget di salute e la seconda per l’agricoltura. Agropoli gestisce il bene confiscato in via Ruffini a San Cipriano D’Aversa e in via Giacosa a Casal di Principe. Eureka invece, i terreni confiscati in Località Difesa Casale, intitolati alla vittima innocente Antonio di Bona e quelli a Santa Maria La Fossa, come da convenzione stipulata con Agrorinasce. Aggiungiamo per chiarezza, così come è stato già largamente fatto con un bilancio sociale stampato, pubblicato e distribuito, che Nco ha al suo interno 6 cooperative, 121 soci, 96 volontari e 112 buste paghe, generando alternativa sociale basata su lavoro sostenibile concreto. Tutte le cooperative sociali aderenti redigono e pubblicano il proprio bilancio. Il Comitato don Peppe Diana, per quanto non obbligato, ha già da tempo deciso di redigere un proprio bilancio sociale inserendo tutte le voci necessarie a partire dai soci fondatori, da chi fa parte del direttivo, le attività che vengono realizzate anno dopo anno. Nessuna ombra. Tutto pubblicato e non da oggi e non certo per sollecitazione di altri.
Chiunque voglia parlarne, parlarci, confrontarsi sarà il benvenuto e anzi auspichiamo che il chiarimento riparando anche ad errori, che siamo certi sono stati originati da altre voci e intenzioni che sono altro rispetto all’inchiesta giornalistica, possano essere presto riconsiderati e riparati. Altrettanto speriamo che facciano tutti coloro che hanno maldestramente seguito quegli scritti senza neppure porsi una domanda. Ci auguriamo che lo abbiano fatto in buona fede e che tale sia stata anche la loro spasmodica condivisione degli articoli sui social e nelle caselle di posta. Anche a loro, daremo il benvenuto. Intanto per tutti desideriamo auspicare una ritrovata serenità che sia indice di comunione di intenti, sani e solidali oltre che educativi per i nostri giovani che aspettano esempi trasparenti.
Comitato don Peppe Diana
Libera Coordinamento Provinciale Caserta
NOTA A MARGINE DEL DIRETTORE RESPONSABILE
Vabbè. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. I promotori del Comitato Don Diana e di Libera perseverano pur sapendo che farlo è diabolico. Tutti, soprattutto loro, hanno capito che l’inchiesta di Campania Notizie sull’antimafia di professione non mira per nulla, credetemi, a screditare il lavoro di rinascita sociale e culturale svolto da tante persone animate esclusivamente dalla voglia di riscatto di un territorio per troppi anni stretto nella morsa della camorra. Anzi, la nostra testata ha sempre sostenuto le battaglie delle due associazioni. Basta spulciare nel nostro archivio o dare un’occhiata alla miriade di video sulle lodevoli iniziative promosse dal Comitato don Diana e da Libera. Siamo al di sopra di ogni sospetto. Lo dicono i fatti. Eppure, questo è il tema, proprio coloro che si reputano artatamente vittime di una campagna di screditamento utilizzano la macchina (da rottamare) del fango per cercare di screditare Campania Notizie.
Alle nostre critiche civili e documentate si è risposto nei giorni scorsi con la minaccia di querele, con commenti social che non ci hanno offeso ma fatto ridere. Sul nostro conto si è detto di tutto e di più. Da semianalfabeti lautamente retribuiti perché amici degli amici siamo stati additati come strumentali alla camorra, pilotati da chissà chi, denominati “terroristi mediatici”. Che smemorati. Hanno rimosso il periodo in cui intascavano soldi a nero da Nicola Cosentino. Sono stati invece bravi a cavalcare l’onda dell’anticamorra solo per fini personali e per tirare a campare. L’invettiva “La camorra è una montagna di merda” lanciata da Peppino Impastato fatta propria da personaggi foraggiati dalla camorra fa venire il voltastomaco. Don Diana si sta rivoltando nella tomba assistendo allo squallido spettacolo di nani e ballerine che oltre a fare sceneggiate e operazioni (libri inclusi) di facciata non hanno mai fatto nulla di concreto per combattere i clan. Per loro il treno dell’antimafia ha trasportato vagoni di soldi.
Noi continueremo a fare il nostro lavoro d’inchiesta. Lo faremo sempre con la doverosa premessa che la stragrande maggioranza delle persone che operano nel mondo delle associazioni, a partire dai componenti di del Comitato don Diana e di Libera, basano il loro impegno sull’onestà e l’integrità morale come fanno Peppe Pagano e Mirella Letizia. E proprio per dare merito a chi davvero ha rischiato la vita e ha dato anima e corpo per lottare contro le cosche smaschereremo gli affaristi dell’antimafia.
I finti paladini della legalità sono come i camorristi una montagna di merda.
Mario De Michele