Tramite l’imprenditore edile Simone Di Maio, il clan Zaza si è aggiudicato negli anni scorsi importanti appalti nella Mostra d’Oltremare e nel cimitero di Fuorigrotta: emerge dall’ordinanza di custodia cautelare (leggi articolo) emessa dal gip Federica Colucci, su richiesta del pm della Dda Francesco De Falco, e notificata oggi a 28 persone, tra cui lo stesso Di Maio. L’aggiudicazione degli appalti è stata seguita “in diretta” dagli investigatori grazie alle intercettazioni telefoniche, che hanno anche consentito di accertare come, almeno nel caso dell’appalto per la costruzione di un monumento funebre nel cimitero, Di Maio abbia truccato la gara inducendo altri imprenditori a depositare buste con offerte fittizie, mentre nel caso della Mostra si sia aggiudicato la gara grazie a una “bustarella” di 100.000 euro.
Altri appalti sui quali il costruttore vicino agli Zazo avrebbe messo le mani riguardano la costruzione di decine di box in via Morosini e il rifacimento di via Campegna, sempre nel quartiere di Fuorigrotta. Dalle intercettazione si evince che Di Maio ha avuto l’appoggio di un non meglio specificato “monsignore” (per i lavori nel cimitero) e di un ex consigliere circoscrizionale di Forza Italia. Rilevante anche l’apporto fornito agli affari di Di Maio dall’ex carabiniere Mario Parrella e dal poliziotto Francesco Pisa, entrambi in servizio a Fuorigrotta; in particolare, il primo si occupava di verificare le somme dovute dagli affiliati al clan a Equitalia e di “cancellare” i debiti; il secondo interveniva per procacciare appalti e appianare gli ostacoli. Il carabiniere, secondo quanto emerso dalle indagini, era in possesso di una Ferrari e di una Jaguar. Tra le persone ai domiciliari c’è anche Paolo Sbrana, ex direttore di una filiale romana di Banca Intesa, che è accusato di concorso esterno in associazione camorristica: avrebbe avuto un ruolo “rilevantissimo” nelle attività di riciclaggio del clan.