In questo caso non servono giri di parole. Poche chiacchiere. Deve intervenire la magistratura. E punire severamente i colpevoli di un’omissione gravissima che dà adito a giochi sporchi. Com’è possibile che il Comune di Orta di Atella non sia stato rappresentato in giudizio contro l’Ital Casa Immobiliare (Ciccarelli-Setola-Diana) nella vicenda del Parco Oliteama? A prima vista potrebbe apparire come uno scherzo di cattivo gusto. Purtroppo è solo la verità. L’ennesimo “caso” coperto da un cono d’ombra. Da una coltre di anomalie. Nel giudizio di appello proposto dai costruttori davanti al Consiglio di Stato contro l’ordinanza di abbattimento degli immobili l’amministrazione non era rappresentata da nessun legale. Perché? Eppure il 2 febbraio 2015 l’allora giunta guidata dal facente funzione Peppe Mozzillo (Angelo Brancaccio era stato sospeso per la legge Severino) approvò una delibera conferendo l’incarico a Ennio Romano. Il legale avrebbe dovuto confutare in udienza il ricorso presentato dall’avvocato Andrea Abbamonte per conto di Ital Casa contro la sentenza del Tar della Campania che aveva dato ragione al Comune dichiarando legittimi l’annullamento del permesso n. 35 del 2006 e l’ordinanza di abbattimento disposti dall’allora responsabile del settore Politiche del Territorio Claudio Valentino. La delibera per l’incarico legale fu votata dagli allori assessori Eduardo Indaco, Massimo Lavino, Nicola D’Ambrosio, Antonio Marroccella e Rosa Minichino (alla fine dell’articolo il link). Il Tribunale amministrativo aveva stabilito che la concessione edilizia era nulla e dato via libera all’ordinanza di abbattimento predisposta dall’ingegnere Valentino. Le 40 villette realizzate in via San Pietro (zona F3, non residenziale) risultavano abusive perché costruite senza piano particolareggiato e perché l’area è priva delle opere di urbanizzazione previste dalla normativa in materia urbanistica. La sentenza del Tar, molto bene articolata e aderente alla reale situazione della zona, è stata incredibilmente ribaltata nel luglio 2016 dal Consiglio di Stato. Che ha dichiarato inadeguata la relazione tecnica sulla mancanza di urbanizzazione dell’area. Eppure basterebbe farsi quattro passi al Parco Oliteama per rendersi conto che manca addirittura la rete fognaria e non c’è uno straccio di standard urbanistico.
Ovviamente i giudici amministrativi si esprimono solo sulle “carte”. E mentre l’Ital Casa in giudizio ha presentato una perizia di parte ed era ben rappresentata dall’avvocato Abbamonte, uno dei migliori amministrativisti d’Italia, l’amministrazione comunale non c’era. Non fece valere le proprie ragioni né contestò quelle dei ricorrenti. Non scese proprio in campo. E di fatto perse a tavolino. Pazzesco. Ma sarebbe comodo accostare il Comune di Orta ad un manicomio. I pazzi sono incapaci di intendere e di volere quindi non punibili. O comunque con ampie attenuante generiche. In questo caso c’è una chiara condotta colposa o dolosa. Il gruppo imprenditoriale Ciccarelli-Setola-Diana si oppose alla sentenza del Tar il 16 gennaio del 2015. Ricorso depositato il 28 gennaio. Come detto sindaco e assessori fecero la propria parte. E questo va loro riconosciuto. Si dirà: è il minimo. Ma ad Orta di Atella anche un atto dovuto può restare nel cassetto. Soprattutto se si parla, come nel caso dell’Oliteama, di un opera milionaria. Non a caso da un po’ di tempo circolava la voce che l’allora sindaco Mozzillo e la giunta dell’epoca non si fossero costituiti in giudizio per favorire gli imprenditori. In realtà come dimostrano gli atti incaricarono un legale. Almeno su questa vicenda non hanno colpe politiche o amministrative. L’avvocato indicato, Ennio Romano, accettò l’incarico come si evince dalla determina di liquidazione dell’acconto della parcella. La somma liquidata ammontava a 500 euro più Iva (clicca sul link alla fine dell’articolo). Ma dalla sentenza del Consiglio di Stato favorevole all’Ital Casa scopriamo che il Comune di Orta di Atella non si è costituito in giudizio (clicca sul link al termine del pezzo). Cosa cavolo è successo? A nostro parere ci sono due ipotesi plausibili. Ed entrambe configurano delle gravissime omissioni su cui dovrebbe indagare la magistratura aprendo un fascicolo ad horas. Prima possibilità. L’avvocato Romano ha rinunciato nei mesi successivi all’incarico prima dello svolgimento del procedimento davanti al Consiglio di Stato. Romano ha rinunciato? In tal caso l’ufficio legale nella persona del caposettore Francesco Silvestre avrebbe dovuto sottoporre alla giunta il problema proponendo il conferimento di un nuovo incarico a un altro avvocato. È stato fatto?
La seconda opzione chiama in causa direttamente il legale incaricato. Se ha seguito tutto l’inter giudiziario come mai il Comune non si è costituito in giudizio? Perché l’avvocato Romano non ha partecipato all’udienza lasciando campo libero all’Ital Casa Immobiliare? Per il momento non ci è dato sapere come sono andate le cose. Non siamo ancora riusciti a scoprire cosa diamine sia successo. Sappiamo solo che una vicenda del genere non può passare sotto silenzio. In ballo c’è un’opera di circa 7 milioni di euro su cui indaga la Dda di Napoli. I costruttori sono Ciccarelli, Setola e Diana. Basta e avanza per pretendere dall’attuale sindaco Andrea Villano l’immediato avvio di un’indagine interna per verificare se gli uffici comunali preposti abbiano o meno fatto il proprio dovere. E per pretendere chiarimenti dall’avvocato Romano. Una rinfrescata di memoria. Sapete chi erano i plenipotenziari dell’ufficio tecnico comunale quando è stato rilasciato il permesso di costruire n. 35 del 2006 che ha consentito all’Ital Casa di portare al termine l’operazione milionaria? Nicola Arena “La Penombra” e Nicola Iovinella “Un saluto, un sorriso”. E indovinate chi ha curato il progetto tramite un tecnico prestanome intascando una tangente di 300mila euro. L’attuale consigliere di maggioranza di Campania Libera (ancora per poco) Salvatore Del Prete “Soldinus Magò”. Parole di Brancaccio. Dichiarate di recente ai giudici. Anche per questo auspichiamo che intervenga la magistratura. Per illuminare il cono d’ombra che avvolge questo “caso”. Per spazzare via la coltre dei sospetti. E soprattutto per incriminare gli eventuali colpevoli.
Mario De Michele