Come un cancro che rode fin dal sottosuolo il territorio. Una patologia urbanistica incurabile che produce dolore e disperazione a cose e persone. Che tocca la carne viva e arriva alle ossa di Orta di Atella, un paese reso maledetto dalla fame di soldi e potere di personaggi che assimilare alle bestie significa offendere gli animali. Il cancro non causa troppi danni fino all’intervento della magistratura. La chemioterapia è tardiva. Le cellule neoplastiche si sono diffuse dappertutto. Colpa grave. Meglio tardi che mai però. Come si dice: finché c’è vita c’è speranza. E se il malato può scampare alla morte non è giusto staccare la spina. Però i farmaci, dal greco pharmakon cioè veleno, producono effetti collaterali a volte peggiori del “male”. Eppure sono indispensabili. Ma per sradicare un tumore maligno serva una diagnosi accurata. Comprendere a fondo la causa. E nel caso di Orta di Atella dobbiamo sciogliere il filo della matassa fino al 1998. Anno del varo del Prg. Pietra angolare su cui poggiano le fondamenta del sacco della città. All’epoca lo scettro del comando passa di volta in volta tra le mani di Giggino Ziello, Nicola Arena per poi finire in quelle di Angelo Brancaccio. Il padrino, tra alterne vicende politico-giudiziarie non lo molla più per un ventennio. Quello terminato secondo lui grazie a Nando D’Ambrosio: “Vola, colomba bianca, vola, diglielo tu che tornerò, dille che non sarà più sola e che mai più la lascerò”. Buttiamola in canzonette, è meglio.
L’INSORGERE DEL CANCRO
Il ’98 è l’anno di incubazione del cancro. La malattia si insinua nel corpo sociale e territoriale nel 2001 con la prima variante al Prg. Un mostro urbanistico. Si chieda alla magistratura, grazie. La vota tra gli altri anche l’attuale vicesindaco facente funzione Arcangelo Roseto. Lo stesso che a mezzo Fb scrive che lui non c’entra con il cemento colato a pioggia su Orta di Atella. Vabbè, forse è troppo preso dal tessere rapporti con il geometra Nicola Iovinella che dopo aver ridotto in fin di vita la città si è “redento”. Dal 2001 in poi è tutto un crescendo di colpi letali assestati ai fianchi del territorio. Quattro anni dopo, nel 2005, si compie il delitto pianificato nel ’98. Passa la seconda variante al Prg. Mica la vota anche il vicesindaco facente funzione Arcangelo Roseto? Sarebbe il complice di un assassinio! Sì, la vota anche lui. Lo stesso che su Fb prende le distanze dall’impero Brancaccio. A proposito: ma oggi non governa proprio con i seguaci di Brancaccio? La memoria fa brutti scherzi. Facciamo un balzo in avanti. Interviene fuori tempo massimo la magistratura. Si blocca tutto. Stop cemento. Fine delle carriole di soldi. Purtroppo molti di quelli che si sono imbottiti le tasche di centinaia di migliaia di euro durante il boom edilizio ora sono di nuovo al timone della città. L’Italia è il Paese di Pulcinella ci sarà un motivo, no? Uno di questi è l’immortale Salvatore Del Prete. Oggi è il vero assessore all’Urbanistica della giunta firmata Andrea Villano. Luigi Macchia lo è solo sulla carta. Che cosa buffa. Ad Orta di Atella un assessore si chiama Macchia. Il sindaco è Villano. Lasciamo perdere i lezzi e i lazzi.
LA TRAGEDIA DEL PARCO OLITEAMA E IL PROTAGONISTA SALVATORE DEL PRETE
Veniamo alle tragedie. Il protagonista è spesso l’assessore vero Del Prete. Un ruolo che gli assegna il regista Brancaccio. Una delle migliori interpretazioni l’esponente di Campania Libera (ancora per poco) la sfoggia nell’opera euripidea intitolata “Parco Oliteama”. E giustamente viene pagato bene. Ben 300mila euro, secondo l’autore Brancaccio. Il dramma “Parco Oliteama” ha fruttato un incasso di circa 8 milioni di euro. Un successone. Dell’enorme guadagno ne hanno beneficiato solo i produttori-costruttori. Gli spettatori-acquirenti ci hanno rimesso soldi e spese legali. Oggi trattiamo il caso dei coniugi Salvatore Carobene e Luana Carmela Orefice. Una storia particolare. Diversa da quella di altri proprietari ortesi di case abusive con le abitazioni messe all’asta e un futuro senza tetto. O come le centinaia di persone proprietarie di case destinate ad essere abbattute dopo aver versato i risparmi di una vita. Nei primi anni 2000 la famiglia Carobene, imprenditori da generazioni e bene in arnese, si rivolge a un’agenzia immobiliare per investire nel mattone. Le si prospetta l’acquisto di villette in via Fausto Coppi ad Orta di Atella. La zona diventerà poi “Parco Oliteama”. Molti anni dopo si scoprirà che si tratta di costruzioni abusive. E non solo. La Dda di Napoli indagherà e continua a farlo sul ruolo della camorra nella realizzazione dell’opera. Ai tempi dell’investimento i coniugi Carobene-Orefice sono all’oscuro di tutto. Come chiunque altro. Siamo ancora nell’Eldorado ortese. Nel 2013 però si affidano allo stimato avvocato Rosario Pagliuca e si decidono a sporgere denuncia alla magistratura contro l’Ital Casa Immobiliare, società che ha realizzato l’opera. Anzi si autodenunciano perché ritengono di essere stati truffati due volte: gli immobili sono abusivi e i costruttori vogliono riappropriarsi di una delle abitazioni dopo aver compiuto quella che a loro dire è una mega evasione fiscale tramite atti non veritieri.
ECCO COME FUNZIONAVA IL SISTEMA
Cerchiamo di ricostruire la vicenda che mostra uno degli aspetti del cancro urbanistico. È il 2004. Marito e moglie acquistano dall’Ital Casa Immobiliare quattro villette. Due delle quali vengono accorpate in un’unica villa. Come si legge nell’esposto prima della stipula dell’atto definitivo versano ai costruttori 310mila euro tramite assegni o mutui ipotecari. Ma nell’atto notarile indicato nel contratto di compravendita risultano versati solo 244mila euro. Il resto, ammettono loro stessi, lo pagano a nero. I lavori proseguono. I coniugi Carobene-Orefice sborsano altri 194mila euro sempre da loro stessi “tracciati” in denuncia. Alla data della stipula del primo rogito notarile risultano versati 504mila euro, di cui 230mila ufficiali e 274mila euro a nero. Successivamente viene stipulato un secondo rogito. La cifra indicata nel contratto di vendita è di 144mila euro. Pagamento sempre tramite assegni e mutui. Numeri alla mano nel periodo intercorrente tra il primo accordo di vendita e la realizzazione degli immobili marito e moglie “girano” ai costruttori un totale di 684mila euro.
Ricapitoliamo. Abbiamo due atti notarili di compravendita. Il primo del 31 maggio 2010 (notaio Antonio Decimo) per l’accorpamento di due immobili in un’unica villa. Costo 244mila euro. Con il secondo atto notarile di compravendita del 23 marzo 2011 (sempre notaio Decimo) viene acquistato il terzo immobile a 144mila euro. Dai due rogiti si capisce che i due immobili accorpati sono costati 244mila euro e il terzo 144mila. Se la matematica non è un’opinione e la logica ha ancora un senso ne discende che anche il quarto immobile (identico al terzo) dovrebbe valere 144mila euro. In sintesi il valore ufficiale complessivo (nero escluso) di tutti gli alloggi dovrebbe essere di 532mila euro. I coniugi Carobene-Orefice hanno invece sborsato 684mila euro. Lo ha accertato lo stesso pm che emise il 6 febbraio 2014 il decreto di sequestro, accolto dal gip, a tutela dei coniugi. Ne discende che anche il quarto immobile è di proprietà (perché pagato) dei coniugi anche se per motivi burocratici non è stato loro intestato. Anzi carte e denuncia alla mano sarebbero addirittura creditori nei confronti di Ital Casa avendo versato più di quanto dovuto in base ai rogiti ufficiali. Per la coppia Carobene-Orefice al danno si è aggiunta la beffa. Il 29 ottobre scorso il legale di Ital Casa ha intimato ai coniugi di “liberare” il quarto alloggio perché non di loro proprietà. Questa beffa segue quella del Comune. Come molti altri proprietari ortesi, gli acquirenti non vengono neanche informati che l’Utc aveva avviato in autotutela la procedura di annullamento dei permessi di costruire. Nel caso dei coniugi Carobene-Orefice viene a galla nel giugno 2012 mentre già nel dicembre 2011 il Comune si era attivato per annullare le concessioni. E come in tutte le tragedie che accomunano gli acquirenti anche in questa vicenda i costruttori avevano garantito e documentato la legittimità e la regolarità delle licenze edilizie.
LA PERSISTENZA DELLA MEMORIA
Coloro i quali si ostinano a sostenere che non ne possono più di sentire parlare di queste cose sperano di non essere raggiunti dalle metastasi di un cancro che hanno causato loro stessi. Politici e amministratori complici del “sistema” e tuttora in carica vorrebbero cancellare con un colpo di spugna le loro malefatte e proseguire sulla scia del passato. Il “partito dei tecnici” quanto mai vitale anche oggi punta all’oblio. Quel che è fatto è fatto. I costruttori non vogliono avere problemi. No. Così non va bene. Non è giusto. Restituite i soldi che avete rubato, le tangenti che avete intascato, togliete dai guai le centinaia di famiglie che non sanno cosa ne sarà delle proprie case. Spetta a voi corrotti, malversatori, imbroglioni, truffatori debellare le cellule cancerogene da voi incubate nella città. Non vi consentiremo di farla franca. Amiamo Dalì. La “persistenza della memoria” sarà la vostra condanna definitiva. Non potrete sfuggire al vostro destino. E voi giovani amministratori locali che sembrate bambini felici al Luna Park. Continuate a considerare il municipio come la casa di Barbie. Fatevi selfie a raffica. Tanto prima o poi il giocattolo si romperà. E finalmente la smetterete di ridere. Questo vostro sorriso stampato sul viso è davvero stomachevole.
Mario De Michele
(continua…)