“Michele Zagaria ci spiegò che l’amministrazione di Angelo Reccia, di San Cipriano d’Aversa, e il senatore Lorenzo Diana erano d’accordo a far entrare nell’affare metano un imprenditore loro: si trattava di Pietro Pirozzi. E Zagaria ci fece capire che per entrare nei subappalti dovevamo accettare Pirozzi”. Nel processo sulla Cpl Concordia, il pentito Antonio Iovine, o’ ninno, per anni uno dei capi dei Casalesi, ha lanciato un altro macigno sull’ex componente della commissione parlamentare antimafia. Diana è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. E già da tempo è stato tirato in ballo da alcuni collaboratori di giustizia per l’appalto, in particolare l’affidamento dei subappalti, per la metanizzazione di 7 Comuni dell’Agro aversano. Sono finiti alla sbarra i manager del consorzio modenese Cpl Concordia e gli imprenditori ritenuti affiliati al clan dei Casalesi. Secondo la Dda di Napoli fu siglato un patto tra camorra, politici e ditte. In questo scenario a tinte fosche, l’ex super boss Iovine ha detto a chiare lettere che l’accordo con i Casalesi fu avallato anche da Lorenzo Diana, per anni paladino della lotta alla camorra ora caduto in disgrazia. Secondo il pentito, l’ex parlamentare e l’allora sindaco di San Cipriano d’Aversa Reccia avrebbero fatto parte del patto con i Casalesi sponsorizzando Pirozzi, loro imprenditore di “fiducia”. Un’accusa pesantissima che trova anche altri riscontri nell’impianto probatorio dei pm del pool antimafia. Il pubblico ministero Catello Maresca ha chiesto a Iovine di ricostruire i passaggi salienti dell’affare metano. “Zagaria ci disse che Antonio Piccolo era il suo uomo durante una riunione in cui eravamo presenti io, Giuseppe Caterino e Giuseppe Russo detto “il padrino”. Iovine ha poi aggiunto: “Il clan si assicurava una percentuale del 10 per cento sul subappalto che veniva affidato a costi maggiorati. Alla Concordia conveniva fare le opere nell’Agro aversano perché l’interesse era vendere il gas, quindi Zagaria fece intervenire Piccolo il quale si organizzò per eseguire i lavori. D’altronde Piccolo stava a Modena già da anni e conosceva la Cpl Concordia. Noi, a nostra volta, eravamo d’accordo con le ditte per i lavori in subappalto. Antonio Piccolo – ha detto Iovine – aveva con Zagaria un rapporto di massima fiducia e stima reciproca, basato sull’interesse. Gli imprenditori servivano a noi perché erano l’interfaccia con la politica. Di qui l’accordo secondo il quale dovevamo intervenire solo se i sindaci o i tecnici dei sette comuni in cui si doveva fare la metanizzazione si fossero opposti ma questo non avvenne perché eravamo tutti d’accordo”. Iovine ha anche raccontanto che duranti i loro lunghi anni di latitanza, lui e Zagaria furono fermati dalla polizia francese alla frontiera nord est ma furono lasciati andare. In un altra occasione Zagaria fu bloccato all’aeroporto mentre si stava recando in Sud America, ma anche in quel caso andò tutto liscio. “Viaggiavano – ha sottolineato Iovine – con documenti originali con le sole foto cambiate. In pratica ci servivamo delle identità di persone di fiducia, anche di un ex appartenente all’Esercito italiano”.

 

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