NAPOLI – ”Pomì utilizza solo pomodori freschi dei soci del Consorzio Casalasco, coltivati nel cuore della Pianura Padana, ad una distanza media inferiore ai 50 km dagli stabilimenti di confezionamento”. L’azienda Pomì, specializzata nella lavorazione del pomodoro, lo specifica. E lo fa in una pubblicità pubblicata oggi su diversi quotidiani nazionali.

Della Campania e della ‘terra dei Fuochi’, l’area flagellata dalla presenza di rifiuti tossici, non parla mai. Ma per gli utenti dei social network il riferimento è piuttosto chiaro. E così scoppia la polemica. Del resto se l’azienda – che nell’immagine grafica della pubblicità piazza il pomodoro al Nord dell’Italia – non fa riferimento alla questione campana, è pur vero che sulla sua pagina Facebook sottolinea che ”i recenti scandali di carattere etico/ambientale che coinvolgono produttori ed operatori nel mondo dell’industria conserviera stanno muovendo l’opinione pubblica, generando disorientamento nei consumatori verso questa categoria merceologica”.

E poi: ”Il Consorzio Casalasco del Pomodoro e il brand Pomì sono da sempre contrari e totalmente estranei a pratiche simili, privilegiando una comunicazione chiara e diretta con il consumatore. Per questo motivo l’azienda comunicherà sui principali quotidiani nazionali e locali, ribadendo i suoi valori e la sua posizione in questa vicenda”. ”Si tratta di un atto dovuto non soltanto nei confronti dei consumatori, ma anche nel rispetto delle aziende agricole socie, del personale dipendente e di tutti gli stakeholders che da sempre collaborano per ottenere la massima qualità nel rispetto delle persone e dell’ambiente”, sottolinea ancora. ”Da meridionale, vi ringrazio per avermi chiarito le idee sulla prossima azienda da boicottare”, scrive Camillo mentre Barbara aggiunge: ”Invito tutti, ma proprio tutti, a boicottare la Pomì. Speculare su un disastro ambientale di cui quel medesimo nord è altamente responsabile, unitamente alle forze camorristiche, alle istituzioni ed alle amministrazioni locali, è da vigliacchi, da infami e da disonesti”. E se Marì invita l’azienda a ”chiedere scusa”, Nicola va anche oltre: ”Un esempio penoso e assai scadente di jena marketing! All’altezza della qualità mediocre del vostro prodotto”.

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