L’aula 116 della V Corte d’Assise di Napoli si respirava un’aria pesante ieri durante la lettura delle richieste di condanna per il processo Resit che vede alla sbarra 29 persone considerate il gotha della rifiutopoli campana. Dopo una lunga requisitoria durata due udienze di ben 16 ore complessive, l’instancabile pm della Direzione distrettuale antimafia di Napoli Alessandro Milita ha chiesto condanne durissime. 30 anni a testa per il pregiudicato in odore di massoneria Gaetano Cerci, per Giulio Facchi, ex sub commissario per l’emergenza rifiuti, e per il “Maestro” Cipriano Chianese. Ventiquattro anni per Elio Roma detto Eliuccio ‘o pagliarulo, 22 anni per Generoso Roma e Raffaele Roma. Per i sei imputati è contesta l’aggravante dell’articolo sette, ossia per aver agito in nome della camorra dei Casalesi. Queste le richieste per gli altri imputati: assoluzione per Lucio Sagliocco, Felice Russo, Russo Salvatore, Bruno Mazza, Giuseppe Barbato, De Santis Vincenzo, Giuseppe Giordano, Luigi Pezone per intervenuta prescrizione; sei anni e sei mesi per Giovanni Ferrante, 20 anni per l’architetto Carmine Di Cicco, 18 per l’ingegnere Mosè Di Meo, 18 per Remo Alfani, 4 anni e 8 mesi per Giancarlo Sarno, 4 per Carlo Vetrano, 18 per Enrico Santillo, 20 per Antonio Frattaruolo, 18 per Luigi Di Marino, 8 anni e 8 mila euro di multa per Tesone Antonio e 4 anni e 25 mila euro di multa per la consorte di Chianese, Filomena Menale. Chiesta la prescrizione dei reati per Raffaele Ferrara e Dario De Simone, collaboratori di giustizia. Nel collegio difensivo gli avvocati Marco Monaco, Mario Griffo, Alfonso Quarto, Giuseppe Stellato, Gennaro Ciero, Emilio Martino, Alessandra Cangiano, Giuseppe Fusco, Elisa D’Ambrosio. La requisitoria è stata letta dopo sei anni e 178 udienze di un processo sulle ecomafie che sta facendo luce su episodi commessi a partire dal 1988 al 2010. La discarica Resit, prima Setri e Cimevi fu sequestrata nel 2004. Quattro ettari di terreno e 20 di discarica occupata anche da altri enti diversi dalla Resit. La gara d’appalto per la messa in sicurezza – circostanza questa che viene sottolineata dai difensori di alcuni degli imputati, facendo notare che se si contesta il reato di disastro ambientale il Governo doveva provvedere ad una bonifica – è bloccata dopo che l’Anac ha ravvisato l’esistenza di collegamenti tra l’impresa che si è aggiudicata l’operazione e alcuni indagati nel procedimento Mafia Capitale a Roma. La prossima udienza del processo è fissata per martedì prossimo quando saranno di scena gli avvocati difensori degli imputati. La sentenza è prevista prima dell’estate ma i tempi potrebbero anche allungarsi ulteriormente vista la complessità della materia posta alla base del processo stesso.