Giorgia Meloni: “Il superbonus è costato a ogni singolo italiano circa 2mila euro, anche a un neonato o a chi una casa non ce l’ha. Non era gratuito, il debitore è il contribuente italiano”. L’offensiva della premier contro la misura introdotta dal governo Conte è infarcita di propaganda. Peggio ancora: è basata su numeri al Lotto. Il 90 è quello sulla ruota di Napoli: la paura. Per “giustificare” una misura impopolare la leader di Fratelli d’Italia brandisce il vessillo della demagogia. Lo fa con spregiudicatezza. Dicendo bugie. Che, sia sa, hanno le gambe corte. Per sbugiardare Meloni basterebbe dare una scorsa veloce all’ultimo rapporto Censis. Il governo non l’ha letto? E il ministro Giorgetti? Pure lui si è inserito nel solco del populismo. Populismo? È la principale accusa contro il Movimento 5 Stelle. I numeri dicono il contrario. La matematica, per fortuna, non è un’opinione. Per Palazzo Chigi invece 1+1 non fa 2. A chiacchiere si può dire di tutto. Tanto le parole se le porta via il vento. Come le promesse elettorali. Finora puntualmente disattese. “Le modifiche del governo – osserva Giuseppe Conte – azzerano completamente il meccanismo del superbonus. Con il blocco della cessione dei crediti d’imposta e dello sconto in fattura soltanto le persone che hanno grande capienza fiscale, quindi con redditi alti, potranno usufruire di questa agevolazione, mentre tutta la fascia della popolazione con redditi medio-bassi ovviamente non sarà in grado di portarle in detrazione”. Elementare, Watson! Ma il governo dimostra, non solo in questo caso, di aver frequentato l’asilo della politica. Ed è scarso, molto scarso, in matematica. Materia in cui dimostra di eccellere il leader dei 5 Stelle. Che snocciola il rosario dei numeri veri. “Sono agevolazioni – osserva Conte – che per 100 euro spesi hanno portato nelle casse dello Stato 70 euro, un costo contenuto. Peraltro si tratta di un investimento, perché hanno creato un milione di posti di lavoro e hanno portato un efficientamento energetico che ha determinato la riduzione di emissioni di CO2 pari a un milione e 400mila tonnellate, con un risparmio medio annuo a famiglia di 964 euro sul costo delle bollette”. Si chiama transizione ecologica, si legge immobilismo. Infatti è un tema completamente scomparso dall’agenda del centrodestra. Ecco il crocevia delle bugie: non considerare gli effetti del superbonus, che vanno sviscerati nel loro complesso. Nei fatti. E nei numeri. Non a suon di slogan. Effetti sul gettito fiscale, il Censis: “Si stima che possa ripagare circa il 70% della spesa a carico dello Stato per le opere di efficientamento sugli edifici. Ciò significa che 100 euro di spesa costerebbero effettivamente allo Stato 30 euro, ridimensionando in questo modo il valore reale del disavanzo generato dall’incentivo”. Proprio il Mef (a insaputa di Giorgetti?) ha registrato tra gennaio e settembre 2022 un incremento del gettito dell’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente grazie al comparto edile che ha contribuito alla dinamica espansiva delle entrate tributarie”. Nel 2021 il valore aggiunto delle costruzioni è aumentato del 21,3% rispetto all’anno precedente. Nel Mezzogiorno la crescita è stata pari al 25,9% e nel Nord-Ovest al 22,8%. Più contenuta al Centro (16,3%) e nel Nord-Est (18,5%). Occupazione. Anche sull’incremento dei livelli occupazionali il Censis considera determinante il superbonus: “Nel periodo agosto 2020-ottobre 2022 è stato pari a 900.000 unità di lavoro, tra dirette e indirette. Particolarmente rilevante l’impatto del solo periodo compreso tra gennaio e ottobre 2022, in cui si stima che i lavori di efficientamento energetico degli edifici abbiano attivato 411.000 occupati diretti (nel settore edile, dei servizi tecnici e dell’indotto) e altre 225.000 unità indirette”. Musica per le orecchie del numero uno dei pentastellati. “Dobbiamo insistere – rimarca Conte – su un meccanismo che ci ha consentito di realizzare uno strumento anticiclico nel momento di massima depressione per l’emergenza pandemica della nostra economia e del nostro sistema sociale. Questo deve indurci a non distruggere questo strumento. Dobbiamo renderlo sostenibile nel tempo. Eravamo già predisposti a portare la percentuale dal 110 al 90%, e in prospettiva ad abbassarla negli anni a venire, ma abbandonare questa strada è sicuramente un danno per il Paese e significa non avere una visione politica lungimirante”. Propaganda a 5 Stelle? La narrazione del centrodestra si schianta contro il rapporto del Centro Studi Investimenti Sociali: “Gli ecobonus rispondono a due obiettivi strategici di medio-lungo periodo, cioè il risparmio energetico e l’impatto della spesa pubblica in termini di occupazione aggiuntiva, di risparmio energetico assicurato e di gettito fiscale che copre una parte della spesa dello Stato, dunque adottando un’analisi che consideri molteplici variabili, economiche e sociali, nel medio-lungo periodo”. Anche il Censis è populista? Più probabile che il governo sia accecato dalla spasmodica volontà di cancellare con un tratto di penna tutte le misure di Conte e del Movimento 5 Stelle senza entrare nel merito e senza calcolarne i danni. La storia si è ripetuta sul reddito di cittadinanza. “L’abolizione – afferma Conte – è stata una mossa irragionevole. Con una situazione del Paese così complessa sul piano economico-sociale eliminare una cintura di protezione per le fasce meno abbienti della popolazione è un errore imperdonabile che tocca la carne viva dei più deboli. Ovviamente, ma ce l’aspettavamo, le promesse sono state tradite. Il governo aveva assicurato che ci sarebbero stati corsi di formazione e di riqualificazione professionale a partire da gennaio. Siamo a fine febbraio è non c’è nulla di nulla all’orizzonte”. Meloni e company navigano a vista. Si è capito da subito. La campagna elettorale è finita da un pezzo. La premier e il centrodestra non se ne sono accorti. I cittadini sì.
Mario De Michele