La rivoluzione “dolce” di Elly Schlein è partita ieri con i nuovi capigruppo Pd alla Camera e al Senato. Chiara Braga a Montecitorio. Francesco Boccia a Palazzo Madama. La prima, arrivata al vertice dopo un lungo cammino dalla base, è esperta di transizione ecologica, sostenibilità e infrastrutture. Il secondo mastica economia, soprattutto quella pubblica, da quando aveva i calzoncini corti. Poi la brillante carriera universitaria. E una lunga pila di libri. Il neo timoniere dei senatori dem porta in dote un bagaglio di competenza bello grosso. Ma prima dell’economia viene la politica, sua grande passione. Boccia è un “zoon politikon” (chiedere ad Aristotele). Coglie i mutamenti sociali, intercetta le problematiche che provengono dal basso, non guarda il mondo da una feritoia, per dirla con Lolli. Il “matrimonio” con la Schlein è stato naturale come la fioritura degli alberi a primavera. “Costruiremo un partito di sinistra con un’identità politica chiara”, ribadisce ai microfoni di Italia Notizie. E ancora: “Riporteremo l’Italia, marginalizzata per colpa del governo Meloni, al centro dell’Europa”. Dopo anni di notte fonda, dove tutte le vacche erano nere, il Pd torna a essere un partito con aggettivi qualificativi. È uscito dal recinto dell’indistinto. Posizione cristallina, era ora, sui temi del lavoro (“no alla precarizzazione”), sui cambiamenti climatici (“l’ambientalismo è centrale nel nostro programma”) e sulle politiche sociali (“nessuno resterà indietro”). Radicale la contrapposizione alla proposta indecente di Calenda sul salario minimo. “È un salario per la schiavitù, non per il lavoro”, osserva Boccia. Che aggiunge: “Mai come in questa fase serve una grande operazione di redistribuzione della ricchezza. L’obiettivo di un grande partito di sinistra è innanzitutto ridurre le diseguaglianze, soprattutto quando la povertà colpisce fette della società sempre più ampie”. Che bello. Nel Pd si torna a parlare di sinistra, accantonata da troppo tempo nel cassetto dei ricordi. La componente di Stefano Bonaccini avrebbe voluto indicare uno dei due capigruppo. Non è mancato un serrato confronto interno. “È normale – afferma Boccia – confrontarsi sulla prospettiva del partito. Affidarsi alle scelte della nuova segretaria, come alla fine hanno fatto i sostenitori della mozione che ha perso il congresso, è un gesto di intelligente generosità politica e di rispetto del ruolo del nuovo leader del Pd. Noi saremo molto attenti alle istanze che provengono dall’area che si rifà a Bonaccini”. Nella nuova segreteria nazionale, che sarà nominata al massimo a inizio della prossima settimana, i seguaci del presidente dell’Emilia Romagna avranno il giusto spazio. “Non dobbiamo perdere – dichiara – Boccia – il filo dell’unità”. Ieri l’ex ministro per gli Affari regionali e le Autonomie del governo Conte ha incontrato nel Transatlantico della Camera proprio l’ex premier. I due hanno confabulato per diversi minuti. Impresa non facile. Boccia è riuscito a fatica a liberarsi dalla morsa dei tanti parlamentari, molti anche di centrodestra, che gli hanno fatto i complimenti per il nuovo incarico. Baci e abbracci. Un dem lo ha stretto al collo per affetto. Area Bonaccini. Non era affetto. E poi finalmente la chiacchierata con il leader dei 5 Stelle con un ping pong di sorrisi. “Siamo legati da lunga amicizia e stima reciproca”, dice il capogruppo Pd al Senato. Che, sollecitato sul campo largo, conferma la nuova linea del partito. “Dobbiamo dare vita a un fronte progressista per battere la destra. Meloni è al governo perché siamo andati divisi al voto. Ora si apre una fase nuova”. Che passa anche per le elezioni europee del 2024. Snodo cruciale. “La vittoria dell’area progressista in Europa – conclude Boccia – ci consentirà di avviare il percorso per sconfiggere la destra anche in Italia”. Un sogno irrealizzabile? Dicevano così anche di Elly Schlein alle primarie. Vittoria impossibile. Sappiamo com’è andata.

Mario De Michele

LA VIDEO INTERVISTA A FRANCESCO BOCCIA



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