Un mestiere da equilibristi. Precari per definizione, girovaghi per vocazione, un pò aziendalisti ed un pò liberi professionisti. E’ lo strano destino degli allenatori italiani, costantemente sotto tiro da parte della critica e sempre più l’antistress preferito dei presidenti che si divertono ad impallinarli come se fossero i piccioni del tiro a segno. Parafrasando il titolo di un celebre film l’Italia non è un paese per allenatori.
Basti pensare che a bocce ferme ne sono saltati ben due (Donadoni al Cagliari e Pioli al Palermo) ed è bastata una sola giornata di campionato per farne entrare almeno tre nell’occhio del ciclone. Sulla graticola c’è già Luis Enrique, che non ha neanche fatto in tempo a scendere dall’aereo che lo ha portato dalla Spagna a Roma per ritrovarsi già immerso fino al collo nelle beghe del calcio nostrano. Tra calciatori bamboccioni, dirigenti spaesati e giornalisti che pontificano di tattica con la prosopopea dei soloni di un tempo il povero Luis Enrique non avrà vita facile. E chissà cosa avrà fatto di male lo spagnolo per meritarsi l’inimicizia dei critici del futebol italico, che prontamente hanno intinto la penna nel calamaio dell’astio, riservando, dopo appena qualche settimana ( e qualche sconfitta) articoli velenosi e commenti mortiferi all’allenatore giallorosso. Che l’enigmatico Luis stia scontando la pena per il reato di lesa maestà al pupone? Chissà. Non se la passa bene neanche Gasperson, pardon Gasperini, che all’Inter sembra avere già i giorni contati. Ma come, si chiederà qualcuno, non era lui il simbolo del calcio champagne in Italia? Che fine hanno fatto tutti gli elogi ai suoi schemi innovativi ed al suo approccio offensivo? Acqua passata, Gasperini è stato già issato sulla croce, consegnato mani e piedi alla gogna mediatica che ora rimpiange l’Inter di un tempo. La sua difesa a tre? Ma è un orrore… e Snejder mezz’ala? Ma neanche un allenatore di terza categoria farebbe così…E all’improvviso si scopre così che anche Gasperson divenne un brocco… ma come?? Non erano gli stessi criticoni che oggi dileggiano il tecnico dell’Inter a predicare per la beneamata un gioco innovativo e spettacolare per dimenticare i trionfi dello Special One vinti (sic!) giocando male? E sulla panchina che ha fatto grande Gasperini, in quel di Genova (rossoblù), se la passa davvero male anche Malesani, quasi licenziato in diretta tv ed a partita in corso dal vulcanico patron Preziosi. Il suo reato? Una squadra che all’esordio è apparsa poco brillante contro la neopromossa Atalanta. E meno male che la partita è finita in parità, altrimenti chissà cosa sarebbe successo al povero Malesani. Nel calcio, si sa, la memoria dura sempre pochi secondi, eppure ai Soloni del nostro calcio, basterebbe ricordare che lo scorso anno (non il secolo scorso) Guidolin e la sua Udinese dopo sei giornate avevano un solo punto, mentre alla fine della stagione hanno chiuso il conto con una qualificazione champions. Una lezione che presidenti e giornalisti hanno disimparato in fretta. Bersagliati dalla critica, impallinati dai dirigenti, quello dell’allenatore in serie A è proprio un brutto (ma strapagato) mestiere. Ma in questo nostro calcio malato invece che i tecnici, non sarebbe meglio cambiare i presidenti?
fabio carangio