Perché a Higuain è stata tolta una sola giornata di squalifica anziché due, come richiesto dal Napoli? E’ tutto spiegato nel comunicato della Corte sportiva d’appello che ha esaminato il ricorso del club azzurro.

ECCO IL TESTO

Con decisione resa pubblica mediante il Com. Uff. n. 194 del 5.4.2016 il Giudice Sportivo presso la L.N.P. Serie A ha applicato nei confronti del sig. Gonzalo Gerardo Higuain, tesserato della S.S.C. Napoli S.p.a. (di seguito anche Napoli), la sanzione della squalifica per quattro giornate effettive di gara, oltre all’ammenda di € 20.000,00. Tanto in ragione della condotta tenuta dal predetto calciatore nel corso della gara Udinese – Napoli del 3.4.2016, dodicesima giornata del girone di ritorno del campionato di serie A, e compiutamente descritta nel provvedimento gravato “doppia ammonizione per proteste nei confronti degli Ufficiali di gara e per comportamento scorretto nei confronti di un avversario (una giornata); per avere inoltre, al 31° del secondo tempo, all’atto dell’espulsione, rivolto all’Arbitro un’espressione ingiuriosa e compiuto nei suoi confronti un gesto irriguardoso (art.. 19, n. 4 lett. a) CGS), fronteggiandolo e ponendogli entrambe le mani sul petto; per avere, infine, assunto un atteggiamento aggressivo nei confronti di un avversario, venendo trattenuto dai propri compagni di squadra (tre giornate e € 20.000,00 di ammenda)”. Avverso la decisione del Giudice Sportivo ha interposto reclamo la società del Napoli, all’uopo deducendo l’insussistenza in fatto della condotta in contestazione, l’erroneità della qualificazione giuridica ad essa assegnata e, comunque, la misura sproporzionata della sanzione irrogata, anche a cagione del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti ovvero della riconducibilità del comportamento del sig. Higuain ad un “unicum fenomenologico”. Sulla scorta delle descritte premesse, la ricorrente ha, quindi, concluso per la riforma della decisione impugnata, proponendo la riduzione della squalifica da quattro a due giornate effettive di gara, con eventuale addizione di pena pecuniaria, in misura ridotta rispetto a quella applicata in prime cure, ovvero, in via subordinata, la riduzione di una sola giornata, anche con addizione di eventuale pena pecuniaria, sempre in misura ridotta rispetto a quella applicata in prime cure. Analoghe conclusioni sono state rassegnate dalla società reclamante all’esito dell’udienza di discussione. Il ricorso è parzialmente fondato e, pertanto, va accolto nei limiti di seguito indicati. 2 Ai fini di una compiuta disamina della res iudicanda si rivela preliminarmente necessario ricostruire la cornice giuridica di riferimento onde orientare in piena coerenza con le coordinate da essa evincibili lo scrutinio di merito rimesso a questa Corte.

Tanto in ragione del fatto che il costrutto giuridico attoreo muove da una ricostruzione della vicenda qui in rilievo svolta, sovente, con l’ausilio di mezzi di prova alternativi e confliggenti con quelli su cui riposa la decisione di prime cure, di talché s’impone, in apicibus, un preliminare vaglio sull’ammissibilità, in subiecta materia, di siffatta metodica di indagine. A tali fini, occorre, anzitutto, prendere abbrivio dal vincolante principio di gerarchia che, ai sensi dell’articolo 35 del CGS, governa i rapporti tra mezzi di prova con specifico riferimento ai procedimenti disciplinari aventi ad oggetto le infrazioni connesse allo svolgimento delle gare. La disposizione in commento, nell’enunciare al punto 1.1., quale speciale regula iuris, il precetto secondo cui “i rapporti dell’arbitro, degli assistenti, del quarto ufficiale e i relativi eventuali supplementi fanno piena prova circa il comportamento di tesserati in occasione dello svolgimento delle gare…” fonda, invero, il principio dell’assoluta primazia degli atti ufficiali (rapporto dell’arbitro e dei suoi assistenti) rispetto a qualsiasi altro mezzo probatorio. Dalla divisata prerogativa di fidefacienza che, expressis verbis, assiste la refertazione arbitrale discendono i seguenti corollari: – i fatti ricostruiti nei rapporti degli ufficiali di gara sono da intendersi come effettivamente verificatisi, restando preclusa al giudice sportivo l’opzione alternativa di valorizzare, in via concorrenziale, altri mezzi probatori suscettibili di mettere in discussione quanto attestato nel referto; – detti referti sono destinati ab imis a provare i fatti da essi descritti e, dunque, gli organi della giustizia sportiva investiti della controversia sono tenuti a fondare su di essi il proprio convincimento. La dignità giuridica di fede privilegiata degli atti ufficiali patisce un’importante eccezione nel caso della cd. prova televisiva (punti 1.2. e ss.) cui si riconnette, sul piano della ricostruzione probatoria del fatto, una funzione ora correttiva delle decisioni del direttore di gara (come ad esempio nel caso degli scambi di persona, cfr. articolo 35 comma 1.2) ovvero una funzione complementare ed integrativa di quanto eventualmente (non) rilevato dall’arbitro. Ciò nondimeno, com’è fatto palese da una piana lettura delle disposizioni in commento, l’ambito operativo del suddetto istituto resta confinato in riferimento a fattispecie tipiche, tassativamente individuate e non suscettive in alcun modo di estensione analogica, fattispecie qui non in rilievo. Le medesime preclusioni trovano applicazione anche rispetto alla documentazione prodotta a corredo del gravame: appare in definitiva del tutto evidente, ad una piana lettura dell’articolo 35 del CGS, che anche le testimonianze fotografiche non possono essere ammesse (al di fuori delle eccezionali deroghe previste dalla richiamata disciplina di settore) per contraddire un referto ufficiale sui fatti in contestazione. Orbene, prendendo abbrivio dai richiamati postulati, deve ritenersi priva di pregio la ricostruzione della vicenda qui in rilievo offerta, in via alternativa, nell’atto di gravame siccome in plateale contrasto con i contenuti descrittivi del rapporto di gara, assistito – come sopra anticipato – da fede privilegiata. Ed, invero, da tale rapporto si evince, sotto la voce “calciatori espulsi e motivazione”, quanto segue: “al 31° 2 tempo n. 9 Higuain Gonzalo soc. Napoli per doppia ammonizione. 1^ ammonizione 16’ 2 tempo per proteste. 2^ ammonizione 31’ 2 tempo per fallo. Dopo aver mostrato il cartellino rosso il Sig. Higuain Gonzalo, n. 9 Napoli, mi si avvicinava urlandomi e guardandomi negli occhi: ‘vergognoso’. Una volta giunto vicino a me appoggiava entrambe le mani sul mio petto spingendomi lievemente all’indietro senza procurarmi dolore fisico. Dopo cercava di avvicinarsi a un avversario in modo aggressivo senza riuscirci perché trattenuto dai compagni.” 3 All’esito di un semplice raffronto si rivelano, dunque, manifestamente disancorate dalle descritte emergenze probatorie le allegazioni della reclamante nella parte in cui viceversa accreditano: – un movimento dell’arbitro Irrati verso Higuain ( e non viceversa) costruendo, di riflesso, il gesto di quest’ultimo, consistito nel posizionare le mani sul petto dell’arbitro, come una reazione automatica ed istintiva dettata dalla sola necessità di evitare un contatto fisico con il predetto direttore di gara, che avanzava verso di lui.

Il referto è, viceversa, chiaro nell’imputare al calciatore Higuain il movimento che prelude al contatto fisico (..mi si avvicinava…Una volta giunto vicino a me..) così come è chiaro nella parte in cui, nel disegnare la complessiva condotta del calciatore nella sua evoluzione dinamica, descrive la progressione dell’azione culminata nella successiva (lieve) spinta all’indietro del direttore di gara; – come non riferita all’arbitro l’espressione refertata (id est “vergognoso”). Una serena lettura del menzionato rapporto, contrariamente a quanto dedotto, rende plausibile ritenere che la condotta incriminata fosse indirizzata – avuto riguardo alle complessive circostanze del caso in esame – proprio nei confronti del primo ufficiale di gara. Tanto può evincersi, anzitutto, dall’immediatezza della scomposta reazione qui in contestazione, che si colloca subito dopo il provvedimento disciplinare (id est espulsione), a conferma del diretto legame che consente di ascrivere i due eventi (espulsione, da un alto, e reazione, dall’altro) in un rapporto diretto di causa ed effetto. Né può essere obliterato l’ulteriore significativo dato – direttamente rilevato dal direttore di gara – delle peculiari modalità esecutive della condotta che, lette nell’ambito di una visione d’insieme (..mi si avvicinava urlandomi e guardandomi negli occhi), lasciano ritenere che le espressioni in contestazione fossero rivolte all’indirizzo dell’arbitro. E’, infatti, verso l’arbitro che è diretta la reazione di protesta (..mi si avvicinava..) e non nei confronti dell’avversario Felipe, di cui in questa fase il calciatore del Napoli si disinteressa completamente. Ed è nei confronti dell’arbitro che Higuain sfoga il suo profondo risentimento guardandolo negli occhi e urlandogli contro; – la liceità del successivo comportamento tenuto dal predetto calciatore che, ove depurato dalle soggettive valutazione del direttore di gara (..in modo aggressivo..), si sostanzierebbe nel semplice tentativo, di per se stesso anodino, di avvicinarsi all’avversario. Anche in questo caso, però, la lettura offerta dalla ricorrente non consente di cogliere l’esatto significato della condotta refertata. E’ infatti di evidenza intuitiva come l’aggettivazione all’uopo utilizzata (..in modo aggressivo..) stigmatizzi, sia pur in via di sintesi ed ove correttamente calata nell’ambito del complessivo contesto descrittivo, le illecite modalità esecutive attraverso cui il calciatore del Napoli ha cercato di raggiungere Felipe, al punto da rendere necessario il decisivo intervento dei compagni di squadra, costretti a trattenerlo; – la condotta di Higuain come reazione ad una presunta simulazione del calciatore avversario Felipe e, più in generale, a sfavorevoli decisioni del direttore di gara che ne avrebbe condizionato il regolare svolgimento. Sul punto, ed in disparte l’ovvia considerazione che la gestione tecnica della partita non è qui suscettiva di riesame, è sufficiente obiettare che alcun conferente elemento di prova risulta allegato a supporto di tali assunti, che, pertanto, devono ritenersi del tutto indimostrati. Tanto premesso in punto di fatto, quanto al disvalore da riconnettere alle plurime condotte serbate dal calciatore Higuain, a giudizio di questa Corte va ridimensionata la valenza offensiva del primo segmento della condotta qui in rilievo, attesa la portata non direttamente lesiva dell’onore e del decoro del direttore di gara dell’espressione verbale “vergognoso” qui in contestazione.

Ed, invero, pur non dubitandosi della natura irrispettosa di siffatta aggettivazione, peraltro circostanziata da toni e modi decisamente inopportuni, non può essere revocato in dubbio, in linea con l’indirizzo prevalente di questa Corte, come essa, lungi dall’ascriversi ad una logica prettamente denigratoria che involga direttamente la persona dell’arbitro, esprima piuttosto, in ragione del suo stesso valore semantico, una critica sul suo operato. Di contro, una volta abbandonata l’inappagante metodica di indagine privilegiata nell’atto di gravame, va, viceversa, confermata la rilevanza disciplinare degli ulteriori addebiti refertati, costituendo, il primo (id est l’aver fronteggiato l’arbitro ponendogli le mani sul petto e spingendolo lentamente all’indietro), una chiara violazione dell’obbligo di rigoroso rispetto incondizionatamente 4 dovuto all’arbitro in ragione del ruolo e della missione istituzionale a lui affidati, e, l’altro (tentativo di avvicinarsi in modo aggressivo ad un avversario), un atteggiamento in chiara distonia rispetto ai valori che governano l’ordinamento sportivo. Né, ai fini qui in rilievo, può essere valorizzata, quale esimente, la dedotta enfasi agonistica che avrebbe caratterizzato il contesto di riferimento, dal momento che le pressioni di ordine emotivo evocate nel ricorso – piuttosto che fattori fortuiti imprevedibili ed inevitabili – costituiscono un dato costante di ogni competizione, tanto più se di alto livello. Anche in ragione di ciò, la puntuale cura dell’obbligo di contenere i propri impulsi emotivi, onde evitare che degenerino in scomposte reazioni di protesta, costituisce un comportamento incondizionatamente esigibile da ogni calciatore, tanto più se professionista. Tutto ciò premesso, in ordine, non da ultimo, alla misura della sanzione inflitta, la Corte ritiene, in ragione della contenuta valenza offensiva dell’espressione addebitata, nonché della ascrivibilità di tutti gli episodi fin qui passati in rassegna al medesimo contesto spazio/temporale, siccome posti in essere in rapidissima sequenza nell’ambito di un’unica, articolata e scomposta reazione di protesta, che la sanzione irrogata possa essere contenuta, in un ponderato giudizio di bilanciamento, nella squalifica per complessive tre giornate effettive di gara (ivi inclusa quella derivante dal provvedimento di espulsione), rimanendo inalterata la sanzione aggiuntiva dell’ammenda, vista anche la rilevanza dell’ulteriore atteggiamento aggressivo refertato. Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va parzialmente accolto, nei limiti suddetti, e, per l’effetto, s’impone la restituzione della tassa reclamo. La C.S.A., Sezioni Unite, in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dalla società S.S.C. Napoli di Napoli riduce la sanzione complessivamente inflitta a 3 giornate effettive di gara, inalterata l’ammenda. Dispone restituirsi la tassa reclamo.

 

 

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