Più forte ma anche più brava dell’Italia, per usare la distinzione cara a Buffon, la Spagna vince il secondo titolo europeo consecutivo, con un mondiale in mezzo, ed entra di prepotenza nella storia del calcio. Mai a nessuno era riuscito un “triplete” del genere, e al di là del 4-0 finale firmato Silva-Jordi Alba-Torres-Mata raramente si era vista a questo livello una finale con una tale differenza di valori in campo: uno spread pesantissimo, per usare l’immagine simbolo di questo europeo.

E’ stata dunque una serata di pura sofferenza e impotenza per l’Italia: davanti alla tv, in tribuna allo stadio di Kiev, ma soprattutto in campo. La squadra di Cesare Prandelli, a capo di un’avventura splendida, è crollata davanti all’ostacolo più alto, quasi rifiutando la sfida. Mai davvero in partita, è stata stordita dal tique-toque degli spagnoli e dal loro pressing, figlio di una condizione atletica nettamente migliore. Sistematicamente pronti a raddoppiare o addirittura a triplicare la marcatura, gli spagnoli mai hanno concesso agli azzurri di cominciare la manovra e verticalizzare il gioco, il loro vero valore aggiunto in questa manifestazione. Ci sono stati momenti in cui lo stadio di Kiev è sembrato trasformarsi in un’arena, con i giocatori di Del Bosque a giocare con le loro banderillas con un avversario destinato a soccombere e quasi rassegnato. Perché gli azzurri ci hanno anche provato, a raddrizzare la partita che s’era messa subito male con il gol del vantaggio di David Silva: ma più per forza d’inerzia che per convinzione. Un paio di guizzi di Cassano, qualche corpo a corpo di De Rossi: non molto di più, essendo scariche le batterie di tutti. Puntuale è arrivato il raddoppio iberico già sul finire del primo tempo, e la ripresa non ha avuto storia anche perché con le sostituzioni azzurre esaurite, si è infortunato Thiago Motta che ha lasciato i compagni in dieci per mezz’ora abbondante di gioco. In avvio di gara, finito il balletto a smarcarsi in tribuna presidenziale (dove l’assenza della convitata di pietra di questi europei , Iulia Timoshenko, e la contemporanea presenza del controverso presidente bielorusso Lukashenko consigliavano a vari leader presenti, tra i quali Monti e Rajoy, di evitare vicinanze imbarazzanti), era cominciato quello in campo. Prandelli aveva confermato modulo e squadra scelti per la sfida alla Germania, con l’eccezione di Abate a destra al posto di balzaretti. Quanto alla Spagna, Del Bosque insisteva nella formazione con Fabregas finto centravanti a fare da appoggio per le incursioni di Iniesta e David Silva. E infatti dopo quasi un quarto d’ora in cui il posseso di palla spagnolo aveva stordito gli azzurri, la formula Del Bosque veniva premiata da un movimento laterale di Fabregas che sulla destra saltava Chiellini per poi mettere al centro una splendida palla alta sulla quale David Silva anticipava Barzagli e metteva in rete di testa. Oltre al possesso palla iberico, a mandare fuori giri gli azzurri era la netta superiorità atletica avversaria: Chiellini finiva fuori per infortunio, sostituito da Balzaretti, e gli altri italiani arrivavano sempre dopo gli spagnoli sul pallone. Così la reazione al gol iberico era fiacca e prevedibile: un paio di tiri di Cassano respinti da Casillas, una botta di Balotelli alta. Arrivava invece, meritato e quasi ineluttabile, il raddoppio delle furie rosse: al 41′ Xavi innescava Jordi Alba che allungava, entrava in area e infilava di sinistro Buffon. Nella ripresa Prandelli tentava la carta Di Natale al posto di Cassano e l’attaccante sfiorava subito il gol di testa su cross di Abate. Era ancora Fabragas però a impensierire Buffon al 2′ e un minuto dopo la premiata ditta Fabregas-Silva metteva in subbuglio la difesa azzurra, quasi a ribadire la gerarchia di valori in campo. Venivano anche graziati al 4′ gli azzurri, perché su un colpo di testa di Sergio Ramos una mano di Bonucci meritava il rigore. Su assist di Montolivo, Di Natale falliva un’occasione unica al 6′ (solo davanti a Casillas si faceva ribattere il tiro). Prandelli inseriva allora Thiago Motta, per l’esausto Montolivo. Al 13′ un destro di Balotelli provocava più brividi ai tifosi che a Casillas. Così Del Bosque concedeva la passerella ai suoi: fuori David Silva, dentro Pedro Rodriguez, mentre al 16′ Thiago Motta si stirava lasciando i compagni in 10. Alla mezz’ora toccava a Torres per Fabregas, e il biondo centravanti si prendeva anche la soddisfazione di andare a realizzare al 39′ piazzando di destro sull’uscita di Buffon. E poi di appoggiare a un giocatore dal cognome evocativo, Mata, subentrato a Iniesta, la palla del 4-0. Non ce n’era bisogno, di questi colpi finali: ma dopo le polemiche sul ‘biscotto’, forse servivano a ribadire che la Spagna gioca sempre al massimo.

 

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