“Ci sono riforme che hanno bisogno di sedimentazione: andare troppo veloci, per alcune cose va bene, per altre è meglio una maggiore riflessione, purché non sia strumentale per impedire il cammino verso un migliore assetto del sistema”. Di fronte al caos in Parlamento sulle riforme costituzionali, il consiglio del neo presidente della Consulta, Giuseppe Tesauro, è in sintesi: rallentare. E prendere a “modello” quelle “sinergie tra forze diverse” che “all’alba di quel momento tragico che fu il dopoguerra, il nostro Paese seppe trovare”, mentre ora sembrano smarrite. Nato a Napoli nel 1942, uno dei massimi esperti italiani di diritto comunitario, una lunga carriera universitaria tra Napoli, Messina, Catania e infine Roma come titolare della cattedra di Diritto internazionale alla Sapienza, Tesauro ha guidato l’Antitrust dal 1998 al 2005. Di recente ha firmato la sentenza che ha fatto cadere il divieto di fecondazione eterologa in Italia, una svolta da molti definita storica. Oggi è stato eletto presidente della Corte Costituzionale con 7 voti su 13: due dei 15 giudici mancano all’appello perché il Parlamento deve sceglierli, ma dopo un mese e mezzo di tentativi non trova l’accordo, tanto che lo stesso neo presidente ha invitato le Camere a “fare presto queste nomine”. Di fronte a sé Tesauro ha una presidenza breve: a novembre scadono i 9 anni di permanenza nella Corte e lascerà l’incarico. Una prospettiva che ha indotto il giudice che aveva la sua stessa anzianità, Sabino Cassese, a fare un passo indietro. Valutazioni diverse, quelle dei due giuristi, ma entrambe valide. “Non mi sento un presidente dimezzato”, risponde Tesauro ai cronisti che lo stuzzicano su questo punto e sul fatto che la Corte si sia spaccata sul voto. “Se starò poco farò meno danni”, scherza. Quanto alla spesa, “una presidenza breve non costa allo Stato una lira in più rispetto a una lunga. Anzi quella lunga comporta una pensione maggiore”, puntualizza. Accanto a lui è stato scelto come vice presidente Paolo Maria Napolitano, romano, classe 1944, eletto giudice costituzionale dal Parlamento nel 2006 e proveniente dal Consiglio di Stato. Se il consiglio che Tesauro rivolge alla politica per le riforme è quello di fermarsi a riflettere, dall’altra parte le riforme vanno fatte. E la Costituzione è “uno spartito bellissimo”, ma “perfettibile”, sottolinea Tesauro, scettico su modifiche che tocchino la prima parte – quella che contiene i principi fondamentali, i diritti civili, il lavoro, i rapporti politici – ma favorevole a interventi sulla seconda. Anche sul quel doppio binario che vede in pista contemporaneamente la nuova legge elettorale e le riforme costituzionali con l’istituzione di un Senato non elettivo, Tesauro non manifesta timori, non vede punti insormontabili. Anzi, prende atto del fatto che “la sintonia tra Camera e Senato si è rotta” e quindi la strada per superare il bicameralismo perfetto è ormai aperta. Sulla legge elettorale, la Corte Costituzionale ha fatto “un’operazione chirurgica” abolendo il Porcellum, ma ora la scelta spetta al Parlamento: ci sono “molti i modelli che rispondono a criteri di democraticità, l’importante è che si faccia al più presto una riforma che porti a un risultato positivo”.