Non ci sono le esigenze cautelari per disporne la carcerazione ma sussistono i gravi indizi di colpevolezza emersi nel corso delle indagini. E’, in estrema sintesi, la motivazione con la quale il Tribunale del Riesame di Napoli (presidente Alba Ilaria Napolitano, giudici Mariella Montefusco, estensore, e Maria Delia Gaudino) ha disposto l’8 agosto scorso l’annullamento della ordinanza di custodia in carcere emessa nei confronti dell’ex deputato del Pdl Alfonso Papa, accusato di concussione aggravata dalla finalità mafiosa. Papa avrebbe chiesto e poi ottenuto – secondo quanto contestato nell’ordinanza firmata su richiesta del pm Henry John Woodcock, Celeste Carrano e Giuseppina Loreto – somme di denaro dagli imprenditori casertani Angelo e Roberto Grillo, che operano nel settore dei servizi di pulizie e che furono destinatari di una interdittiva antimafia successivamente revocata, in cambio della promessa del proprio interessamento per favorire l’assegnazione appalti da parte di importanti aziende. Il tribunale ha in primo luogo escluso l’aggravante mafiosa, contestata per i presunti rapporti tra gli imprenditori e il clan camorristico Belforte. Secondo i giudici, non vi sono inoltre le esigenze cautelari a sostegno della ordinanza di custodia, in considerazione, tra l’altro, del fatto che non vi è né pericolo di reiterazione dei reati né rischio di fuga dell’indagato, alla luce del fatto che Papa quando era ai domiciliari non ha mai violato le imposizioni dei magistrati. I giudici del Riesame ritengono tuttavia valido l’impianto accusatorio, sottolineando che le dichiarazioni rese dai testimoni sono concordanti e che non si rileva ”alcun elemento che possa inficiare la veridicità delle loro dichiarazioni”. Quindi va riconosciuta tra l’altro, a parere dai magistrati del Riesame, ”piena validità alle dichiarazioni dei dipendenti di Grillo”. Per il Tribunale inoltre la ricostruzione dei fatti da parte dei testimoni ”rappresenta l’unica motivazione che possa aver determinato i Grillo al versamento di ingenti somme di denaro, in quel particolare momento storico (quando versavano in gravi difficoltà economiche, ndr). ”Va infatti considerato – si legge nelle motivazioni del Tribunale – che, in costanza di interdittiva antimafia i Grillo non avrebbero potuto aspirare ad ottenere nessun lavoro pubblico, con la conseguenza che sarebbe stato del tutto inutile promettere ovvero consegnare denaro a Papa”.