Sono 1.146 gli ettari di terreno della cosiddetta Terra dei Fuochi, tra le province di Napoli e Caserta, che risultano in varia misura contaminati, pari al 2% della superficie agricola totale dell’area nella quale non è stata rilevata alcuna presenza di radioattività. Sono i risultati del Gruppo di Lavoro “Terra dei Fuochi”, aggiornati al 17 ottobre scorso, secondo il report redatto dal gruppo stesso e reso noto oggi. Il Gruppo di lavoro, di cui fanno parte Istituto superiore di Sanità, l’Ispra, l’Arpac, la Regione Campania, il Cra (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura), l’Agea, l’osservatorio Izs di Teramo e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, ha messo a punto un modello scientifico di riferimento per individuare i criteri per la valutazione dei terreni agricoli, così da assicurare la salubrità e la qualità delle produzioni agroalimentari.Il territorio esaminato è stato classificato in cinque livelli di rischio contaminazione; per quelli più esposti (livelli 3, 4 e 5, dove 5 è il rischio più elevato) il Gruppo di Lavoro ha proposto l’adozione di misure di salvaguardia, nel rispetto del principio di precauzione, come il divieto di immissione sul mercato dei prodotti coltivati nelle aree, nell’attesa di ulteriori indagini. Ad alto rischio 7 siti agricoli (due ad Acerra, uno a Caivano, due a Giugliano, uno a Succivo, uno a Villa Literno); 40 quelli al livello 4 (uno a Nola, tre a Castel Volturno, 26 a Villa Literno, due a Giugliano, sette ad Acerra, uno a Caivano); quattro i siti agricoli classificfati con il livello 3 (Giugliano, Castel Volturno, Villa Literno); 1.335 di livello 2a e 2b; al livello 2c, il Gruppo di lavoro ha classificato aree agricole delle Aree Vaste di Lo Uttaro, Bortolotto-Sogeri, Masseria del Pozzo; al livello 2d sono stati classificati i siti agricoli delle aree circostanti gli impianti di smaltimento rifiuti, aree industriali, grandi arterie di traffico, Regi Lagni, aree incendiate. Sono infine 176 i siti agricoli a basso rischio. Suolo e acqua a uso irriguo e vegetale sono stati gli elementi di campionatura sui quali sono state effettuate le analisi, anche in seguito al decreto interministeriale del marzo scorso. Le analisi, condotte insieme con il Corpo forestale dello Stato, sono state condotte sui siti agricoli già precedentemente collocati nei livelli 5 e 3 di rischio contaminazione. Siti per i quali esisteva il sospetto di rifiuti interrati. In questo caso, le analisi hanno avuto come oggetto la verifica della presenza di radioattività negli strati superficiali dei suoli e indagini “geomagnetometriche” da parte del Corpo forestale dello Stato per verificare, nel sottosuolo, la presenza di rifiuti metallici interrati. Nel primo caso, le analisi dell’Arpac hanno dato risultato negativo, mentre si è ancora in attesa di quelli relativi ai rifiuti metallici interrati.