Trasformare un territorio colpito duro dalle attività delle ecomafie in un’opportunità concreta di rilancio. Un business da circa 100 miliardi di euro su cui le organizzazioni criminali hanno già messo gli occhi, e a volte le mani. Se n’è parlato oggi pomeriggio, venerdì 12 dicembre, nella sala convegni del Real Sito del Belvedere di San Leucio (Caserta) nel corso del convegno “I delitti agro-alimentari ed ambientali: dalle criticità alle opportunità. Il ruolo delle Istituzioni e dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali”, organizzato dal Consiglio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della provincia di Caserta e patrocinato dallaRegione Campania e dal Comune di Caserta. Un incontro che ha messo a confronto rappresentanti delle istituzioni, professionisti, mondo universitario e della giustizia su un argomento di scottante attualità. Dal tavolo dei lavori si sono susseguiti gli interventi di Donato Ceglie, Sostituto Procuratore Generale di Bari,Andrea Sisti, Presidente CONAF (Consiglio Ordine Nazionale dei dottori Agronomi e dottori Forestali), Pio Del Gaudio, Sindaco della città di Caserta, Giuseppe Maccariello, Presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della provincia di Caserta, Massimo Fagnano, Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II, Michele Capasso, Comandante Provinciale di Caserta del Corpo Forestale dello Stato, Daniela Nugnes, Assessore all’Agricoltura della Regione Campania e Alessandro de Donato, Presidente del Consiglio Notarile della provincia di Caserta. Una discussione che ha ruotato intorno ad un tema particolarmente sentito in una provincia che negli ultimi anni ha subito un vero e proprio assedio mediatico. Un territorio che comprende «88 comuni, che raccolgono per l’82% del totale popolazione della provincia di Caserta e per il 28% quella di Napoli, su cui gravitano oltre 17.800 aziende agricole a fronte di una superficie agricola utilizzata di oltre 66mila ettari, e dove si concentra il 26% del totale della produzione agricola regionale». Dati, quelli forniti dallo Svimez, che sottolineano come una delle via d’uscita dalla crisi che attanaglia Terra di Lavoro potrebbe essere rappresentata, ancora una volta, da quella risorsa che fece guadagnare il nome di Campania Felix alle terre che si estendono dal capoluogo sino al suo litorale, replicando così le positive esperienze già sperimentate nel nord Italia. Come registra lo stesso Istituto «a essere colpiti dalle notizie allarmanti sull’emergenza igienico sanitaria dell’area sono state le aziende non inserite in filiere agricole organizzate oppure senza certificazione di qualità, a dimostrazione dell’importanza strategica ed economica del controllo qualità e dell’inserimento delle aziende in una struttura organizzativa avanzata». In questo contesto si inserisce la figura del moderno Dottore Agronomo. «Bisogna restituire centralità alla figura del Dottore Agronomo e del Dottore Forestale – ha spiegato Giuseppe Maccariello –. Un professionista che, forte dell’esperienza tramandata dai vecchi agronomi e al rinnovamento che la ha vista protagonista, può restituire trasparenza al sistema produttivo e distributivo. Un elemento fondamentale per permettere ai nostri produttori di competere in un mercato, nazionale e internazionale, esigente come quello moderno». Sulla stessa linea l’intervento del Presidente Nazionale di CONAF. «Se vogliamo basare la nostra economia su un connubio inscindibile che comprende produzione, territorio e qualità della vita – ha sostenuto Andrea Sisti – dobbiamo proporre un modello di sviluppo che metta in discussione i paradigmi che abbiamo adottato fino ad ora. Principalmente dobbiamo investire verso il matrimonio fra tavola e sanità. La cura della nostra persona non deve partire dalle sale operatorie e neanche dalla tavola. Deve partire direttamente dalla semina e dalla produzione. Una produzione e distribuzione che deve essere trasparente e accessibile a tutti». La riconversione dei sistemi produttivi ha già suscitato gli interessi del malaffare. «In un Paese normale sviluppo sostenibile e difesa delle produzioni tipiche sarebbe un settore dove investire – ha spiegato Donato Ceglie -. Per sopperire alla mancanza di investimenti è giusto che le professioni intervengano con le loro capacità. Professionalità che, unitamente ad altri interventi di tipo più strutturale, potrebbero porre un limite alla fame di quanti hanno già fiutato le possibilità economiche di questo settore. Penso ai tanti che operavano in ambito delle ecomafie e che ora lo fanno in quello delle agromafie. Un esempio su tutti: il sequestro del Toscan Oil presso Harrod’s di Londra. Uno sforzo internazionale che permesso di proteggere il Made in Italy».


 

 

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