NAPOLI – Pochi istanti di una nuova vita che per un padre significano anche “rassegnarsi ai sei anni di galera” da dover scontare. Perché “nonostante tutto ne è valsa la pena”. Salvatore, un detenuto napoletano di 45 anni che da 21 anni era latitante in Germania, aveva scelto di tornare in Italia e assistere alla nascita del suo settimo figlio, consapevole che questo avrebbe significato un futuro in cella.

Spiega orgoglioso la sua storia all’aria aperta, davanti alla cappella del carcere di Rebibbia, osservando il cipresso benedetto durante la visita di papa Ratzinger. A 24 anni Salvatore faceva il contrabbandiere di sigarette. Poi la denuncia e lo spettro della galera. Aveva scelto la latitanza, lontano dalla famiglia, in Germania. Pur di non finire in cella. “Non volevo andare in carcere – spiega – per questo avevo deciso di scappare e rifarmi una vita lavorando come pizzaiolo, mentre ogni tanto mia moglie veniva a trovarmi. Speravo di avercela fatta, ma alla nascita del mio settimo figlio ho pensato che non potevo non essere presente e sono tornato a Napoli. Non si erano dimenticati di me, qualcuno avrà avvisato del mio arrivo e sono venuti ad arrestarmi proprio lì, in ospedale. Nonostante tutto, lo rifarei – dice fiero – Vedere nascere tuo figlio vale più di tanti anni di galera”.

Salvatore non fa più il pizzaiolo e non contrabbanda più. Ma “in questo posto dove in alcune celle si sta anche in undici”, di sigarette ne fuma tante e racconta la sua storia con l’amarezza di chi si è “fatto beccare”, ma con l’orgoglio di un “padre vero”. A Rebibbia sta scontando un reato commesso 21 anni fa. Era tornato indietro. Ma gli errori non si possono cancellare con la fuga. I reati restano. E il passato gli ha presentato un conto non ancora pagato.

 

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