Dopo il successo di pubblico e di critica ottenuto al teatro di Civitavecchia, “buio e luna piena”, continua il suo cammino facendo tappa nella bella città di Caserta, dove sarà al teatro Don Bosco, il 28 marzo 2015, data particolarmente significativa,e fortemente voluta dal regista Testa in quando il 30 marzo del 2013 si spegneva Franco. Lo spettacolo nato per omaggiare un’artista di grande spessore, vuole rendere omaggio alla sua figura e alla sua opera. Ideato, scritto e diretto dall’autore e regista casertano Gennaro Testa, esso non è solo “ un viaggio” fra alcune delle indimenticabili canzoni del “Califfo”, monologhi e poesie, ma anche nella sua vita personale ed artistica, alla ricerca di un’interiorità inedita e poco conosciuta, nascosta fra le pieghe di una biografia ai limiti e di una carriera artistica inimitabile. Così Gennaro Testa, rivolgendosi anche a chi non ha amato l’artista romano per gli innegabili eccessi, ci conduce per mano alla scoperta di un uomo per moltissimi versi decisamente più affascinante del personaggio a tutti noto. Il titolo dello spettacolo, “Buio e luna piena”, descrive i due volti di un’anima sfaccettata: l’anima buia e cupa, gravata da un profondo dolore esistenziale, cui si contrappose la luce del talento artistico. Nella narrazione dell’autore, la morte prematura del padre dell’artista, vissuta come un vero e proprio tradimento è la radice di un pessimismo radicato che diventa incapacità di amare, scetticismo sulla sincerità dei rapporti umani, disillusione senza speranza. Relegare i sentimenti nelle mutande, diventare una sorta di strumento sessuale, rifuggendo ogni coinvolgimento emotivo, è la tecnica di sopravvivenza. Ci compare un uomo privo di falsi moralismi, che ha percorso diritto la sua strada, pagando un prezzo salatissimo per le sue scelte: l’abbandono degli amici, delle innumerevoli donne, delle istituzioni che gli hanno negato aiuto nella povertà che ha accompagnato i suoi ultimi anni; il tradimento dalla sua amica/nemica, la cocaina, che minò irrimediabilmente il suo fisico. Gennaro Testa ripercorre le tappe di Califano, dando uno spessore al personaggio attraverso la ricostruzione di alcuni momenti significativi: l’infanzia, la scuola, le ribellioni, le donne, la droga, il carcere, le amicizie pericolose. Da contrappunto ci sono le citazioni, i pensieri profondi che danno un senso di grande malinconia a tutto lo spettacolo con le note della fisarmonica che, spesso, sottolineano il disagio e la precarietà, la vita che fugge, il disincanto. In scena, con lo stesso regista nei panni del “Califfo” impegnato tra stralci di interviste e monologhi, la cantante Myriam Lattanzio, alla cui bella voce è affidata l’interpretazione dei brani, scelti fra i più significativi dell’immenso repertorio di Califano. Il Maestro Vittorio Cataldi, che ha anche curato l’intera struttura musicale, ed il Maestro Edoardo Puccini uno dei maggiori virtuosi della chitarra classica.

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