Dire che il “Mediterraneo è una grande zona di accumulo di detriti di plastica” non è forse una grandissima novità, ma sapere che la concentrazione media nella superficie è di circa un frammento per ogni 4 metri quadrati e che la presenza nelle zone più inquinate va arriva fino a 10 pezzi per mq, sicuramente invita a riflettere.
Quanto emerge da “Plastic Accumulation in the Mediterranean Sea”, uno studio di un gruppo di ricercatori iberici delle Università di Cadice e Barcellona, pubblicato sul magazine Plos One, pur senza allarmismi mette in evidenza il ‘potenziale rischio’ per la salute dell’intero ecosistema del Mare Nostrum a causa dell’inquinamento della plastica. I ricercatori, ricordando come “recenti studi dimostrino l’esistenza di 5 regioni di accumulo su larga scala di detriti di plastica negli oceani, corrispondenti a ciascuna delle spirali subtropicali ai lati dell’equatore” e che “le correnti trasportano la plastica rilasciata” dall’inquinamento dell’uomo, sottolineano che “il Mediterraneo agisce su scala globale come bacino connettivo”. Sono stati rilevati 5 tipi di frammenti derivati da prodotti di plastica, suddivisi in altrettante categorie: pellet industriale (residui grezzi) e granuli (da cosmetici), pellicole sottili (sacchetti), fili da pesca, schiuma, frammenti (pezzi da oggetti rotti). Si tratta per l’83% di elementi inferiori ai 5 mm di lunghezza definiti come microplastiche. Inoltre dalla concentrazione media di plastica misurata nel Mediterraneo, il carico totale di detriti in superficie è di circa 1.000 tonnellate, il 7% del carico globale. I ricercatori pongono l’attenzione sui possibili impatti dell’inquinamento da plastica in un mare dall’elevato valore ecologico ed economico come il Mediterraneo, che pur rappresentando meno dell’1% della superficie di tutti gli oceani cela tra il 4% e il 18% di tutte le specie marine e che per gli stati che vi si affacciano è una grande fonte di reddito tra industria della pesca e trasporto merci e turistico. Una posta in gioco troppo alta da mettere sul piatto, per questo i ricercatori non negano che “l’inquinamento da plastica, solo dopo mezzo secolo di grande diffusione, sia diventato un grande problema planetario”. E se un’attività di pulizia potrebbe essere efficace ma non risolutiva, considerando che “la produzione di materie plastiche è destinata ad aumentare”, la ricetta ideale è molto chiara e prevede che “le strategie di gestione dovrebbero essere affrontate alla fonte, al fine di impedire il rilascio di rifiuti in plastica nell’ambiente”.