Dopo la sentenza di rigetto del ricorso per il reintegro, i cinque licenziati Fiat sembrano sempre più determinati nella battaglia, ormai decennale, intrapresa contro la Fiat. Oggi si sono presentati a Roma all’assemblea della “coalizione sociale“ messa in piedi dal segretario della Fiom Maurizio Landini e, nonostante le resistenze, sono riusciti ad intervenire ed a mettere a votazione una mozione. “ll nostro è un caso politico generale – si legge nel comunicato diffuso in mattinata – Riguarda tutti gli operai italiani e gli operai FIAT in particolare. Quello che i padroni sperimentano nella FIAT viene poi generalizzato negli altri stabilimenti. La FIAT ha quasi azzerato l’opposizione di fabbrica e mentre una parte degli operai lavora a ritmi e turni infernali, l’altra sta andando in miseria con la cassa integrazione. Chi si ribella viene buttato fuori” All’assemblea romana è stata quindi proposta la votazione di quattro punti: la creazione di una campagna nazionale sulla libertà di critica; un impegno affinché il loro caso specifico diventi un simbolo a livello nazionale legato alla lotta per la libertà degli operai; la creazione di una cassa di resistenza per gli operai licenziati e la costituzione di un pool di avvocati rappresentativo nazionale, da affiancare allo “storico” avvocato degli operai campani, Pino Marziale. La mozione è stata approvata all’unanimità tra gli applausi della platea e la soddisfazione dei licenziati a cui, inizialmente, si stava addirittura negando l’intervento. La vicenda degli cinque operai Fiat è ormai nota ai più: licenziati un anno fa, per aver inscenato il finto suicidio di Marchionne, in segno di protesta a seguito del suicidio di Maria Baratto, cassintegrata Fiat, hanno trascorso un anno tra lotte, blocchi ai cancelli della Fiat di Pomigliano e proteste simboliche a Melfi, fino ad arrivare all’occupazione della gru di Piazza Municipio a Napoli. Con la sentenza di qualche giorno fa, con la quale è stata rigettata la loro richiesta di reintegro, il giudice del lavoro di Nola ha ritenuto che le azioni dei cinque “si siano tradotte in azioni lesive dell’onore, della reputazione e del decoro tanto della persona fisica Sergio Marchionne quanto della società che questi rappresenta”. “A questo non ci stiamo – hanno ripetuto anche oggi i licenziati durante la trasferta romana – si è voluto lanciare un chiaro segnale ai lavoratori: attenti a protestare, criticare ed evidenziare le contraddizioni che finite tutti a casa. Un po’ come dire attenzione a seguire quei cinque, come vedete gli abbiamo tagliato le gambe e in fabbrica non ci rientrano. Il fatto è che noi abbiamo protestato per dei suicidi avvenuti sul serio, di lavoratori che non hanno più retto il peso della precarietà e dello sfruttamento imposti dalla Fiat. Ma evidentemente c’è qualcuno in questo paese che si fa scuotere più dalla fantasia che dalla realtà.” Forte è stato anche il comunicato diramato dal Si-Cobas, sindacato al quale hanno da poco aderito i cinque lavoratori: “La Fiat ordina, la magistratura esegue”, questo il titolo. Insomma, come dichiarò l’Avv. Pino Marziale, difensore dei licenziati Fiat, all’esterno del tribunale durante la prima udienza, “il clima nel paese è pessimo” e, questa sentenza, se mai ce ne fosse stato bisogno , ne è solo una conferma. Intanto, domani all’ex Asilo Filangieri di Napoli, alle 16.00, è prevista un’assemblea cittadina durante la quale si discuteranno le modalità di prosecuzione del percorso di lotta.
Luca Leva
Giulia Ambrosio