Dopo un lungo periodo di assenza dalla città, si recano al cimitero di Poggioreale ma non riescono a entrare nella cappella di famiglia, che era stata svuotata dalle salme dei propri cari, lussuosamente ristrutturata e chiusa con un nuovo cancello di ingresso. L’episodio, subito denunciato alle autorità, è al centro dell’inchiesta che ha portato alla scoperta di un giro di truffe nel cimitero partenopeo, con vecchie cappelle liberate dai resti mortali e rivendute all’insaputa dei vecchi titolari. Tra i 17 indagati ci sono gli imprenditori del settore funerario Vincenzo Tammaro e Gennaro Reparato, sottoposti a obbligo di firma sin dal 2012, e il notaio Filippo Improta, nei cui confronti è stata eseguita oggi la misura cautelare di sospensione per sei mesi dall’attività. Secondo il gip del tribunale di Napoli il giro di truffe si era consolidato divenendo un vero e proprio ‘sistema’, anche grazie alla presenza di informatori che segnalavano i possibili obiettivi tra cappelle e loculi – alcuni risalenti all’800 – che difficilmente sarebbero stati reclamati dagli aventi diritto. L’organizzazione proponeva anche on line i propri ‘prodotti’: una cappella, poi sequestrata, era stata offerta a 800mila euro su un noto sito di vendite immobiliari. In un altro caso un manufatto funebre fu venduto per 245mila euro, contro i 40mila dichiarati nell’atto di compravendita. Nei mesi scorsi, sulla base degli elementi che emergevano dall’inchiesta, il Comune di Napoli ha attivato la revoca delle concessioni – e la conseguente riacquisizione al patrimonio pubblico – di una novantina di manufatti funerari ceduti illegalmente, il cui valore complessivo è di gran lunga superiore ai 2,5 milioni di euro rilevati dagli atti di compravendita. Secondo gli inquirenti, le attività criminose della banda erano proseguite anche dopo l’apertura dell’inchiesta: Tammaro e Reparato sono accusati di aver prodotto false prove al tribunale del Riesame, alterando le annotazioni riportate sul registro comunale di deposito delle salme.