Il rapimento dei quattro italiani in Libia, nei pressi del compound dell’Eni nella zona di Mellitah, non sarebbe una ritorsione contro l’Italia per il suo appoggio in sede Onu al governo attualmente in formazione. Ne è convinto il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, che, rispondendo alla domanda di un giornalista, oggi a Bruxelles, ha detto: “Questa ipotesi non mi sembra molto fondata”.
Gentiloni non si è voluto sbilanciare neanche sulla natura del sequestro e sul gruppo di appartenenza dei rapitori: “È assolutamente presto per fare qualunque valutazione”, ha risposto a chi gli chiedeva se il sequestro fosse riconducibile alle milizie dello Stato islamico. Il ministro ha poi aggiunto:”Confermo, è pericoloso rimanere in Libia”, aggiungendo che questa posizione ovviamente non cambia in nessun modo la posizione del governo a trovare una soluzione alla vicenda dei quattro italiani rapiti. Come noto, in seguito alla chiusura dell’ambasciata d’Italia in Libia, il 15 febbraio, la Farnesina aveva segnalato la situazione di estrema difficoltà del Paese invitando tutti i connazionali a lasciarlo. I quattro italiani rapiti sono dipendenti della società di costruzioni Bonatti. Da ambienti della ditta si è appreso che nessuno di loro è residente in provincia di Parma, dove ha sede l’azienda. Il silenzio sull’identità è stato concordato con la Farnesina per tutelare i quattro sequestrati. Intanto l’Unità di crisi del ministero degli Esteri è attiva per seguire il caso ed è in contatto costante con le famiglie dei connazionali e con l’azienda. Gentiloni ha precisato: “Stiamo lavorando con l’intelligence” per ottenere maggiori informazioni. “Al momento è difficile fare ipotesi sugli autori del rapimento”. Intanto un fascicolo di indagine è stato aperto in Procura, a Roma, per sequestro di persona a scopo di terrorismo. Il pm ha affidato ai carabinieri del Ros i primi accertamenti per ricostruire quanto accaduto. Secondo quanto riferiscono fonti libiche, i 4 “erano rientrati dalla Tunisia in Libia diretti a Mellitah quando sono stati rapiti. E l’inviato dell’emittente televisiva “al Jazeera”, citando fonti militari di Tripoli, riferisce che i rapitori sarebbero vicini al cosiddetto “Jeish al Qabail” (L’esercito delle Tribù), le milizie tribali della zona ostili a quelle di “Alba della Libia” (Fajr) di Tripoli. I quattro italiani sono stati rapiti in una zona che fino a poco tempo fa era teatro di scontri e che solo di recente si è calmata dopo la tregua sottoscritta dalle milizie tribali e da quelle di Alba della Libia. Secondo queste fonti militari libiche, i quattro italiani sono stati rapiti infatti nel villaggio di al Tawileh, vicino Mellitah, e sono stati portati verso sud. La Bonatti spa è un general contractor internazionale che ha sede a Parma. Offre, spiega il sito istituzionale della azienda, servizi di ingegneria, costruzione, gestione e manutenzione impianti per l’industria dell’energia. Opera in diversi Paesi del mondo. In Libia la Bonatti ha iniziato ad operare nel 1979 con un primo contratto per conto di Agip. Oltre che nei confronti di Eni l’azienda parmigiana è contractor anche delle principali compagnie petrolifere tedesche, francesi e spagnole ed opera ininterrottamente nel Paese da 36 anni ad esclusione di una breve parentesi nel 2011 quando, durante la rivoluzione contro Gheddafi, venne evacuato dal paese tutto il personale non locale. Con il rapimento dei 4 dipendenti italiani in Libia, salgono a cinque i connazionali sequestrati nel mondo. L’ultimo italiano a essere liberato, il 9 giugno scorso, è stato Ignazio Scaravilli, il medico catanese sequestrato in Libia a gennaio. Invece non si hanno ancora notizie sul gesuita Paolo Dall’Oglio: il 29 luglio 2013 sarebbe stato rapito da un gruppo di estremisti islamici.