L’iracheno arrestato ieri a Sorrento, 46enne, considerato legato all’Isis, era però già ricercato dalle autorità svizzere per una tentata aggressione sessuale, minacce e sequestro di persona. Quando gli uomini della Digos lo hanno trovato e preso, Ehsan ha detto che si trovava in costiera a lavorare come intermediario immobiliare, fittando e sub-affittando appartamenti ai turisti. Del suo arresto ne ha dato notizia il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, nel corso della conferenza stampa seguita alla riunione del comitato di sicurezza che si è svolto ieri in seguito agli attentati di Bruxelles. Ora l’iracheno è a Poggioreale dove sarà sottoposto ad interrogatorio da parte delle autorità italiane che vogliono vederci chiaro sui contatti che l’uomo ha avuto sul territorio nazionale dove si trovava da qualche tempo, mentre nel napoletano si ritiene fosse giunto da soli tre giorni. Eppure, tra le mappe formulate dai nostri servizi di sicurezza dove sono registrate le presenze di integralisti islamici e presunti terroristi, non c’era di certo Sorrento. Sul territorio campano le zone maggiormente ritenute a rischio dagli analisti dell’intelligence sono invece tutte nel ventre della città: piazza Mercato, piazza Larga e corso Arnaldo Lucci nei pressi della stazione centrale. Si ritiene però che a Napoli la presenza capillare della malavita organizzata rappresenti un deterrente per gli estremisti del jihad. Sono le Molenbeek napoletane, quartieri ad alto rischio di infiltrazioni. In Italia esistono altrettante zone che sono monitorate con costanza dalle forze dell’ordine e dai Servizi. Sono ovunque, da Torino a Milano, da Roma a Bologna. Sempre in fase di analisi dei rischi, ancora in Campania, si guarda con grande attenzione al territorio del basso casertano dove insiste sia la massiccia presenza di immigrati, regolari e irregolari, che una forte presenza camorristica. I migranti non rappresentano un pericolo di per sé, ma quando il flusso è così elevato vi è la possibilità che tra di loro possano infiltrarsi membri di cellule terroristiche. L’altro pericolo, invece, è che la criminalità organizzata possa vendere armi a potenziali terroristi. Pur se queste armi sarebbero poi utilizzate per compiere attentati al di fuori del territorio italiano: le organizzazioni criminali non hanno interesse ad attrarre nelle proprie zone di influenza un numero ancor più elevato di forze dell’ordine.

 

 

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