Dragan Madenovic si era creato una falsa identità, e con quella si muoveva in Italia. Il serbo è stato bloccato ieri a Marcianise con un passaporto macedone dai militari del Norm anche sulla base delle verifiche incrociate con i dati dell’Interpol. Forse non è un caso se, tra il 2013 e il 2015, ovvero nel periodo immediatamente precedente l’escalation di attacchi terroristici in Europa, in piccoli comuni italiani, si siano verificati furti di documenti «vergini». Colpi in municipi che contano poche migliaia di abitanti, studiati per non suscitare clamore, ma finalizzati a mettere le mani su migliaia e migliaia di tessere d’identità da compilare a seconda dell’esigenza. Quei documenti, spiegano dalle questure, possono passare decine di controlli, perché sono autentici e tali sembrano fino a quando, al primo controllo incrociato, dai database di Interpol e Europol, non emerge l’incongruenza tra il soggetto controllato e la carta che esibisce, come accaduto per il serbo bloccato a Marcianise. La statistica parla di centinaia di passaggi «lisci» per ogni singolo fermato. Un dato allarmante se si considera che sui furti di documenti avvenuti nel triennio 2013-2015 lavorano, sin dal primo momento, i Servizi. Nel luglio del 2014 dal Municipio di Gallipoli furono trafugate 1.050 carte d’identità. Un mese dopo, a Parabita, ne furono rubate 350. Nel luglio del 2014 dal Municipio di Gallipoli furono trafugate 1.050 carte d’identità. Un mese dopo, a Parabita, ne furono rubate 350. Due casi sui quali la procura di Lecce fece luce un anno dopo, con l’individuazione dei componenti di un gruppo criminale che aveva la propria base a Melito di Napoli, e che era specializzata nei furti di documenti dagli uffici comunali. Le carte vergini trafugate servirono a dare un’identità a siriani, iraniani, palestinesi, albanesi e afghani. Le ramificazioni della banda furono ricostruite attraverso la mappa dei luoghi in cui erano stati commessi i colpi, tutti a segno lì dove l’organizzazione aveva i propri ganci, da Castelvolturno, all’area vesuviana – Boscotrecase, Striano e Pollena Trocchia – ma anche a Castelnuovo del Garda. Dopo i furti, i ladri si riunivano a Melito, dove entravano in contatto con i ricettatori magrebini. Dopo la retata, il procuratore di Lecce dichiarò che non potevano essere esclusi «elementi investigativi di collegamento tra la banda e i canali utilizzati dai terroristi». A un anno da quei fatti, è certo l’interessamento dell’Intelligence rispetto ai furti di carte d’identità e, nell’inchiesta, non mancano elementi che rimandano alla criminalità organizzata. In Campania la camorra appare frammentata e dunque è interlocutore poco «credibile» per eventuali referenti del jihad. Nell’ultimo anno i Contini hanno dato vita a una sorta di caporalato della droga, affidando le piazze di spaccio a immigrati ghanesi e nordafricani, mentre i Mazzarella, «signori» del falso dalla Maddalena alla Duchesca, avrebbero avuto ruoli importanti nel giro dei documenti contraffatti. Ma l’indebolimento delle cosche napoletane ha determinato un cambiamento delle dinamiche, così come accaduto nel Casertano. Secondo i più recenti rapporti dell’Intelligence c’è un «vuoto di potere» in alcune aree, come a Castelvolturno, e quindi un minore controllo che lascia mano libera ai criminali immigrati, in certi casi legati alle organizzazioni terroristiche.

 

 

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