“Credo che Linda (nome di fantasia) sia scappata. Ho chiamato un uomo in Nigeria per fare il voodoo. Lui dovrà trasformare Linda in uno zombie. Lei dovrà pensare soltanto a lavorare e ripagare”. E’ un brano di una conversazione telefonica intercettata dalla squadra mobile di Catania nell’ambito delle indagini sfociate nell’emissione da parte della Dda di Catania di una ordinanza cautelare nei confronti di 15 nigeriani – tra cui 13 donne – accusati di avere gestito una tratta di giovanissime connazionali che sarebbero state reclutate in Africa, sottoposte a riti voodoo per costringerle all’osservanza e a all’obbedienza, fatte arrivare in Italia e costrette a prostituirsi. Gli arresti sono stati compiuti tra la Sicilia, la Campania ed il Veneto. Quattro persone sono ricercate e sono in corso procedure per la richiesta di un mandato di arresto europeo finalizzato all’estradizione. I particolari dell’operazione sono stati resi noti durante un incontro con i giornalisti al quale ha preso parte il Procuratore della Repubblica a Catania Carmelo Zuccaro. A Catania sono stati arrestati Tina Nosakhare, di 28 anni, Faby Osagie Idehen, di 23, ed Irene Ebhodaghe, di 44. A Siracusa è finita in manette Cynthia Samuel, di 24; A Licodia Eubea la Polizia ha arrestato Chineyere Marvelous Uyor, di 27 anni; A Giugliano (Napoli) Gift Akoro, di 28, e Toyin Lokiki, di 31; A Castel Volturno (Caserta è stata arrestata Faith Otasowie, di 30; A Vigodarzere (Padova) Beauty Aidiagbonya, di 26, e David Ewere Omofomwan, di 35; A Mondragone (Caserta) Albert Agyapong, di 30. Con l’operazione gli investigatori hanno individuato i componenti di due organizzazioni, una con base operativa a Licodia Eubea (Catania) e un’altra in Campania, a Castel Volturno e Giugliano, che avrebbero reclutato, introdotto, trasportato e ospitato in Italia giovani donne nigeriane – alcune delle quali minorenni – per farle prostituire. Gli indagati si sarebbero occupati dell’intero viaggio da Benin City in Italia delle ragazze, della loro permanenza in Libia e della traversata via mare – con la complicità di libici, ghanesi e nigeriani – verso l’Italia insieme con i migranti dopo un periodo trascorso nelle ‘connection houses’, dove le ragazze erano sottoposte a privazioni e violenze, anche sessuali. Le indagini, durate 16 mesi, hanno preso avvio da una querela presentata da una prostituta nigeriana che disse di essere stata aggredita da una sua ‘collega’ connazionale perché si era rifiutata di darle del denaro per prostituirsi in una strada di Catania. Gli agenti scoprirono che l’autrice dell’aggressione era lei stessa da lungo tempo vittima di tratta da parte di una coppia, Aidiagbonya e Omofomwan, che l’avrebbero, con l’aiuto di una connazionale Nigeria, sottoposta al rito voodoo, fatta arrivare in Italia ed introdotta nel circuito della prostituzione, facendosi corrispondere periodicamente le somme “investite” nel suo viaggio. Tra gli arrestati vi sono i ‘trolley’, gli accompagnatori che si sarebbero assicurati dell’arrivo delle ragazze a Tripoli, e i ‘connection men’ che si sarebbero occupati della loro permanenza in Libia nelle ‘connection house’. Giunte in Italia, le vittime iniziavano un tirocinio unitamente alla propria ‘madame’, che impartiva le direttive necessarie per un proficuo esercizio delle prostituzione, dicendo loro le cifre da richiedere, le prestazioni da eseguire ed assegnando una postazione di lavoro.