Innocente. Dopo oltre 21 anni di carcere Giuseppe Gulotta viene scagionato dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, al termine del processo di revisione: non e’ stato lui l’autore della strage di Alcamo Marina, paese del trapanese, dove il 26 gennaio 1976 uno spietato commando trucido’ in caserma due carabinieri, Salvatore Falcetta e Carmine Apuzzo. “Ho sempre sostenuto di non avere colpe – dice Gulotta in una videointervista pubblicata sull’Espresso – avevo 18 anni, la mia vita procedeva normale.

Mi hanno picchiato, minacciato con la pistola in faccia, mi hanno sputato addosso, massacrato tutta la notte, costringendomi, a forza di martellate, a confessare quello che non avevo commesso. Ora ne sono fuori, ma ho perso tanto della mia vita e di cio’ che amo e nessuno potra’ restituirmeli”. Durante la detenzione si e’ sposato ed e’ diventato padre. Adesso andra’ a vivere a Certaldo, in Toscana. Era in carcere dal 1990, dopo la condanna all’ergastolo. La svolta nel 2007, quando un ex brigadiere dell’Arma membro del nucleo anti-terrorismo di Napoli, che partecipo’ alle indagini, si penti’ e disse come andarono le cose: Gulotta, oggi cinquantenne, “confesso’ perche’ lo torturammo”. Cambia tutto. Nel ’76, invece, perche’ neppure la ritrattazione fornita dopo quella confessione estorta, servi’ a Gulotta per sottrarsi alla macchina infernale sotto la quale era stato stritolato. Solo il pentimento di uno dei carabinieri presenti all’interrogatorio, cinque anni fa, ha cambiato il suo destino. Prima che la corte si ritirasse in camera di consiglio l’accusa era stata chiara: “Gulotta non c’entra nulla. Abbiamo i dovere di proscioglierlo da ogni accusa e restituigli la dignita’ che la giustizia gli ha indebitamente tolto”. Ad accusarlo fu il capo della banda, Giuseppe Vesco, morto suicida in carcere dopo il suo arresto nel carcere di San Giuliano, a Trapani, in circostanze misteriose. Poco tempo dopo l’arresto ritratto’ pure lui, dicendo di avere confessato e incolpato i suoi presunti complici a seguito di tremende torture. Ma non si volle credere neppure a lui. Anche per gli altri due condannati, Vicenzo Ferrantelli e Gaetano Sant’Angelo, fuggiti in Brasile, si attende la revisione del processo. Dopo nove processi piu’ il procedimento di revisione si pone la parola fine a questa tragica odissea che parla di una vita rubata: “Nonostante tutto – dice infine Gulotta – bisogna credere alla giustizia. Oggi ha vinto quella vera”.

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