La Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere lo scorso 7 febbraio ha emesso decreto d’urgenza (convalidato dal G.i.p. il giorno successivo), con il quale sono stati sequestrati 12 pozzi utilizzati per uso domestico e fertirrigazione, su cui è stata riscontrata una severa contaminazione da metalli pesanti, in primis dell’Arsenico, sostanza nota per la sua elevata tossicità, con valori che in un pozzo sono giunti a superare di 850 volte i valori previsti per tale sostanza dalla tabella allegata al Testo Unico per l’Ambiente. Il giorno 11 i Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Casetta e quelli del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale di Casetta nonché della Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura hanno dato esecuzione al decreto e conseguente convalida apponendo i segni materiali volti a precludere l’utilizzo dei pozzi, contemporaneamente svolgendo un’ulteriore attività di accertamento – unitamente a personale qualificato dell’ARPAC – mediante carotaggi. Questi ultimi hanno avuto termine in data dì ieri con esito positivo, dato il rinvenimento dì materiale che appare essere scarto di produzione industriale, salve le successive analisi a compierei da parte dei laboratori abilitati dell’ARPAC per la classificazione certa del tipo di materiale rinvenuto. L’assoluto allarme destato da tali valori accertati dall’A.G. ha, peraltro, comportato la necessità di approfondire la storia del sito. Partendo da un’analisi storica, è emerso che l’area oggetto dell’indagine, denominata “Piscina Rossa”, (denominazione che si è tramandata tra gli abitanti del luogo che serbavano memoria dì un originario invaso dì raccolta dì acque con tale colore) era utilizzata in passato quale recapito delle acque di processo delle attività industriali dell’ex Opificio Saint Gobain. I predetti pozzi, infatti, sono stati individuati all’interno del perimetro della cosiddetta “Area Vasta” e, precisamente, nella porzione ricompresa nel comune di San Nicola la Strada. La storia del sito trae origine dalla omonima fabbrica di produzione del vetro ivi insediata a partire dal 1958, “quale uno dei primi esempi di grande industria inseriti in una più ampia area di tradizione e vocazione agricola”. Detta industria, nel dedicarsi alla produzione del vetro, seguiva un processo produttivo che prevedeva che alla fusione seguisse una fase di “affinamento” e, in ultimo, di “ricottura”, al fine di avere un prodotto privo di impurità e difetti, nonché dotato di buone proprietà di resistenza meccanica. Per quanto attiene all’impiego di reattivi chimici quali coloranti, o affinanti, vi erano reagenti intrinsecamente pericolosi per l’uomo e per l’ambiente tra cui l’arsenico, quale “agente affinante”, altamente cancerogeno, con conseguente emissione e rilascio nell’ambiente di sottoprodotti arseniosi, non biodegradabili. Le attività produttive della fabbrica Pisani Vetri Saint Gobain proseguivano (sebbene si suppone vi fosse un decremento nell’ultima fase) fino al 1988, quando avveniva la dismissione totale della fabbrica e il passaggio di tutta l’area alla Progetto Industrie Srl, che nel Marzo 1989 presentava la proposta del “Programma di sviluppo, integrazione e ristrutturazione industriale e previsione di occupazione di forze lavorative per l’area Saint Gobain nel Comune di Caserta”, cui faceva seguito nel 1990 il “Piano occupazionale per la ristrutturazione e riconversione dell’impianto industriale ubicato nell’area Saint Gobain Caserta”, il quale prevedeva la coesistenza nell’area di attività industriali e terziarie”. Tuttavia, con Delibera n. 26 del 25 Marzo 1991 il Comune di Caserta approvava la variazione di destinazione urbanistica dell’area di proprietà di Progetto Industrie Srl, che passava da “Area Industriale” a “Zona ad insediamenti produttivi e terziari”, con relativa variante al Piano Regolatore vigente al tempo, volta a trasformare l’area ex-Saint Gobain da industriale a residenziale con la possibilità di realizzazione due miliardi di metri cubi di costruzioni. Detti Programmi restavano Inattuati, in quanto (inspiegabilmente) l’area dalla originaria vocazione industriale veniva destinata all’insediamento di attività del settore terziario e – soprattutto – all’urbanizzazione ad uso abitativo, senza che si palesasse la seria preoccupazione per rendere compatibile il vecchio uso, con la nuova destinazione (come sì evince del resto dallo stato attuale dei luoghi). Infatti, nel 1996 erano stipulati due diversi Accordi di Programma fra Regione Campania, Provincia di Caserta, Comune di Caserta, Consorzio ASI e Progetto Industrie Srl, che compirono l’iter di riclassificazione dell’area ex Saint Gobain. L’area in oggetto, pari a circa 415.000 metri quadrati era suddivisa in 180.000 metri quadrati con classificazione D2 “Insediamenti produttivi industriali”, 170.000 metri quadrati con classificazione D3 “Uffici e servizi” ed la restante parte con classificazione FI e F6 “Infrastrutture ed impianti di interesse pubblico”. La variazione del Piano Regolatore Generale e del Piano di Sviluppo Industriale condussero dunque ad un’area non più vincolata allo sviluppo industriale. La storia del sito ha comportato all’attualità che l’area indagata risulta ubicata in corrispondenza di una vecchia cava generata dalla escavazione di materiali di origine tufacea e poi utilizzate quale recapito di scarti di lavorazione sia “solidi” che “liquidi” delle attività produttive dell’ex stabilimento Saint Gobain, dei quali soprattutto i reflui liquidi davano luogo a quella che poi è stata ribatezzata “Piscina rossa”. La massa di sabbia silicea veniva addizionata con diversi altri reagenti e additivi chimici, aventi scopo differente in ragione della propria natura, ma comunque tali da rendere più agevole e controllabile il processo produttivo e nel dettaglio vi era l’uso di alcuni “additivi”, inclusi nella massa per conferire specifiche proprietà al prodotto finito, quali ad esempio: Agenti stabilizzanti (ossidi di Calcio, Bario, Magnesio, Zinco) volti a migliorare le proprietà meccaniche del prodotto; Agenti coloranti (ossidi di Ferro, Rame, Cromo, Cobalto), volti a conferire un colore al prodotto finale, ovvero “decoloranti” (biossido di Manganese) per l’effetto opposto; Agenti affinanti (triossido di Arsenico, nitrati alcalini e nitrati di ammonio), volti a favorire l’eliminazione di eventuali bolle d’aria incluse nella massa fusa. A partire dagli anni “80” la cavità veniva colmata con materiali presumibilmente di risulta provenienti sia dalla ex Saìnt Gobain, sia da “terreni di sbancamento” e, in particolare, dalle carte topografiche ufficiali si evince che la suddetta area in passato fosse stata oggetto di un’attività di escavazione di materiale vulcanico, meglio conosciuto con il nome di Tufo Grigio Campano, (TGC) prodotto dai centri di emissione del “Distretto Vulcanico Flegreo”. Nel dettaglio, dalla consultazione di foto aeree acquisite presso FI.G.M. di Firenze2 emergeva un assetto del suolo che, partendo da una depressione (costituente la citata “piscina rossa”), progressivamente veniva reso ingombro di volumi e coinvolto da radicali trasformazioni urbanistiche. Già nel 1981 la vasca era completamente Interrata e la livellazione antropica de! terreno faceva sì da occultare e non rendere più rintracciabile la stessa. L’operazione odierna, diretta dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere e condotta in fase investigativa e operativa dai diversi comparti specializzati in materia ambientale dell’Arma, conferma come l’attenzione per la tutela dell’Ambiente e della Salute Pubblica, nella provincia di Caserta resti sempre una delle principali priorità dell’Autorità Giudiziaria e dell’Arma dei Carabinieri Del resto, le immagini delle acque raccolte in fase di campionamento rendono edotti della suddetta severissima contaminazione. Riguardanti gli anni 1954-1974-1981-1990-2003-2005 e reperite dai Carabinieri del NOE – Caserta e depositate agli atti. La disastrosa situazione riscontrata comporta la necessità di approfondirne i profili di responsabilità. Invero, dalle indagini in corso è emerso un quadro (allo stato) parziale che, sebbene non consenta di attribuire precise responsabilità in capo a singoli soggetti, in ogni caso evidenzia come la situazione fosse nota dal 2010 ai livelli locali di governo del territorio. Infatti, dall’attività d’indagine è emerso che nell’anno 2010, il Dipartimento dell’ARPAC di Caserta aveva condotto accertamenti preliminari sull’area in argomento al fine di verificare se la presenza di Arsenico nelle acque sotterranee prelevate dalla piscina rossa, accertando un inquinamento da attribuire al pregresso utilizzo da parte della Saint Gobain, dell’invaso per il recapito finale dei propri scarichi liquidi e scarti di produzione. Tale accertamento seguiva a quanto prescritto come risultato di una Conferenza dei Servizi (istruttoria del 04-03-2010) indetta presso la Direzione per la Qualità della Vita del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Del resto, la Graftech S.p.A., nell’inoltrare al Dipartimento dell’ARPAC di Caserta istanza di rilascio di attestazione ambientale per la propria attività (svolta accanto all’area occupata dalla Saint Gobain, invitava la stessa Agenzia ad effettuare opportune indagini tese a verificare l’attribuibilità dei superamenti di legge a valori di fondo naturale. In tal senso, l’attività di analisi esitava nella relazione ARPAC 44/TF/10 che sollevava già nel 2010 una reale e allarmante problematica ambientale. Inoltre, la Giunta Regionale della Campania – Direzione Generale del Ciclo Integrato delle Acque e dei Rifiuti – Valutazioni e Autorizzazioni Ambientali- U.O.D. Autorizzazioni Ambientali e Rifiuti di Caserta lo scorso 31 gennaio ha emesso una nota cui veniva allegato uno stralcio del Verbale della Conferenza di Servizi decisoria convocata presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio il 4 marzo del 2011 dove, oltre a ripercorrere l’intera vicenda della Graftech, si evidenziavano i dati allarmanti emersi dalla relazione dell’ARPAC 44/TF/10 sui campionamenti dei piezometri presenti in quell’area, demandando agli Enti competenti una serie di attività di monitoraggio e prevenzione per la tutela della salute umana, anche alla luce dell’accertato utilizzo di quelle acque per fertirrigazione e dell’urbanizzazione presente. Se, paradossalmente veniva aperta un procedimento a carico della Graftech, poi concluso in quanto soggetto non responsabile della situazione rappresentata, a tale esito tuttavia seguiva la definizione di “Progetto Definitivo di Bonifica Eseguito”, ricompreso nel Piano Regionale di Bonifica, accendendosi un nuovo focus sull’area utilizzata dalla Saint Gobain, quale recapito finale dei propri scarichi e (come si evince dalla lettura del verbale) di sua proprietà. Tale nuovo sito, convenzionalmente denominato “Ex cava in uso Saint Gobain”, veniva inserito dal Centro Regionale Siti Contaminati dell’ARPAC nell’elenco “recante il Censimento dei Siti Potenzialmente Contaminati nel SIN Litorale Domitio, Flegreo ed Agro Aversano”, con codice “1078A010”. Tale inserimento era un punto di partenza di specifiche comunicazioni e operazioni da parte di Regione Campania- Provincia di Caserta e Comune di San Nicola la Strada. Va precisato che queste attività avrebbero dovuto essere già svolte in via preliminare all’atto delle modifiche di destinazione urbanistica che ha avuto inizio nel 1991 con Delibera n° 26 del 25 marzo 1991 del Comune di Caserta (seguita da successivi accordi di programma stipulati nel 1996 fra Regione Campania, Provincia di Caserta, Comune di Caserta, Consorzio ASI e Progetto Industrie S.r.l. – società che aveva rilevato l’area industriale), in quanto il cambio di destinazione urbanistica non poteva non tenere in considerazione la precedente destinazione d’uso, come si evince dalla documentazione esistente presso il Genio Civile di Caserta. Ed invece, la cava in argomento risultava assolutamente sconosciuta e non inserita nel “piano di recupero ambientale del territorio della provincia di Caserta compromesso dall’attività estrattiva delle cave abbandonate, abusive o dismesse”, che nel territorio comunale di San Nicola la Strada vedeva censite le sole cave identificate con le sigle Ol e NA. Emergeva invece, l’esistenza di un ex SIN (Sito di Interesse Nazionale) inserito nel Piano Regionale di Bonifica (PRB), aggiornato con DGR n° 381 del 28.12.2017 e susseguente all’approvazione con DGR n° 417 del 27.07.2016 (in BURC n° 55 del 16.08.2016) delle norme tecniche di attuazione del PRB – unitamente alle linee guida per l’esecuzione delle indagini preliminari. Da quanto detto, emerge allo stato come una pluralità di soggetti – tra cui Enti Pubblici – sapesse e non avesse assunto alcuna utile iniziativa (in primo luogo di monitoraggio della disastrosa situazione rappresentata sinora), ferma restando la suddetta necessità di pervenire alla precisa attribuzione di condotte a soggetti individuati e determinati mediante il compimento di attività ulteriori. Peraltro, ad aggravare la già disastrosa situazione accertata, a margine si deve dare conto che in occasione dell’effettuazione dei carotaggi è stata rinvenuta una consistente presenza di quello che appariva evidente essere amianto su alcuni terreni oggetto di indagine, rinvenimento cui seguiva il sequestro dell’area interessata.