A distanza di vent’anni alcune ferite restano ancora aperte. E pensare ad un giudizio condiviso su Mani Pulite appare un’utopia. Senza contare che il tema della corruzione è ancora aperto. A maggior ragione dopo il monito della Corte dei Conti che ha nuovamente lanciato l’allarme.

Tanto che Piercamillo Davigo, oggi giudice della suprema corte di Cassazione, ma 20 anni fa uno dei principali protagonisti di Mani Pulite, avverte: “Se dopo due decenni non si può dire che i livelli di corruzione in italia siano diminuiti, le responsabilità sono in gran parte della politica che non è stata capace di affrontare il problema nel merito ma si è limitata a contrastare i processi”.

 

I contrari

Tangentopoli “fu un cataclisma, nel senso che indubbiamente furono portati alla luce episodi di malcostume generalizzati che era giusto sanzionare”. Tuttavia, “il ciclone si è abbattuto su una ben precisa parte politica, i partiti moderati, mentre nei fatti è stata risparmiata la sinistra” dice il giudizio del presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. Per Stefania Craxi  “uno degli effetti di Mani Pulite è che abbiamo vissuto una guerra civile tra i partiti anzichè un normale avvicendamento tra forze politiche riformatrici e conservatrici. Occorre che prima o poi questa cosa succeda”. L’ex ministro guardasigilli Alfredo Biondi non è tenero con il pool di mani pulite: “Si è trattato di un piccolo golpe giudiziario, condito da enfasi, esaltazione e da un tam tam dei media”

I difensori

La situazione della corruzione in Italia, non solo non è migliorata, ma “è peggiorata”. Antonio Di Pietro, al Teatro Elfo Puccini di Milano per una manifestazione organizzata in occasione dei venti anni da ‘Mani Pulite’, non pare avere dubbi nel rintracciare nei giorni recenti un male forse ancora peggiore di quello che l’inchiesta portò alla luce: “Venti anni fa – dice – avevamo un Paese che era malato di un tumore grave; oggi siamo alle metastasi. E’ più difficile di prima scoprire i reati e anche quando un reato è diagnosticato come tale, si dice che è un foruncolone. Io ho fatto il mio dovere: quando ero muratore cercavo di fare i muri dritti; da pm dovevo scoprire i reati”. A Di Pietro risponde Rosy Bindi: “Il modo peggiore per combattere la corruzione è pensare che ci sia una responsabilità generale, che tutti siano uguali” dice il presidente del Pd, Rosy Bindi, che sottolinea come “chi sbaglia ha nomi e cognomi, appartiene a determinate forze politiche e si è comportato in un certo modo”. Nichi Vendola si chiede “perchè in Italia oggi la corruzione non è più una patologia ma è la fisiologia del funzionamento della vita pubblica. Credo che la risposta sia nella subordinazione della politica all’economia, al mercato e al profitto. La politica è in ginocchio nei confronti del mercato”. Per Antonio Borghesi dell’Idv nel nostro ordinamento c’è “una lacuna che permette di intitolare strade e piazze anche a personaggi condannati in via definitiva”.

I cauti

No comment del ministro dell’ Interno Annamaria Cancellieri: “Difficile dire se il paese sia migliorato. C’è molta emotività nel parlare di queste cose e preferisco lasciarlo fare agli atti”. Per il centrista Rocco Buttiglione “la seconda Repubblica si è mostrata più corrotta della prima. Varrebbe la pena di fare una riflessione seria non legata al partito preso di difendere i corrotti di allora oppure di affossare i giudici che furono protagonisti di Mani pulite. In generale, credo si possa dire che Mani pulite rispondesse a una grande domanda di pulizia morale che veniva dal cuore di tutti gli italiani”.

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