In data odierna, i Carabinieri del Nucleo Antisofisticazioni e Sanità (N.A.S.) di Caserta hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta di questa Procura, nei confronti di 6 persone, delle quali: una in carcere, due agli arresti domiciliari, due raggiunte dalla misura interdittiva dei rapporti con la Pubblica Amministrazione, un’altra, infine, dall’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria. I sei indagati destinatari dei provvedimenti cautelari sono, a vario titolo, coinvolti, con molteplici altri indagati, in un’associazione per delinquere dedita alla commissione di svariate truffe in danno del Servizio Sanitario Nazionale. Si procede, infatti, per i seguenti reati: associazione per delinquere aggravata finalizzata alla commissione di fatti di peculato, di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, di falsità ideologica e di truffa aggravata. La misura cautelare personale giunge all’esito di un complesso lavoro investigativo, originato dai contenuti delle intercettazioni telefoniche, volte alla cattura dell’allora latitante Pasquale Scotti, notorio esponente della Nuova Camorra Organizzata (N.C.O.), facente capo a Raffaele Cutolo, operante ed egemone su Napoli e Provincia negli anni ‘70 e ‘80. Le intercettazioni, disposte dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Napoli, da un lato, consentivano di porre fine alla latitanza di Scotti (arrestato in Brasile il 26 maggio del 2015 ed estradato il 10 marzo del 2016) e dall’altro, disvelavano un diffuso malaffare presso l’Azienda Ospedaliera “Sant’Anna e San Sebastiano” di Caserta. Le indagini, dapprima, ponevano in risalto la figura di Angelo Costanzo, medico primario del reparto di Patologia Clinica dell’Azienda Ospedaliera di Caserta, che, unitamente con la moglie, Vincenza Scotti, sorella appunto dell’allora super latitante, Pasquale, e titolare di un laboratorio privato di analisi (Sanatrix) sito in provincia di Napoli, avevano piegato la struttura sanitaria pubblica alle esigenze del centro privato, distraendo indebitamente, a beneficio di quest’ultimo, beni strumentali in dotazione della struttura sanitaria pubblica (strutture, macchinari, personale e reagenti chimici). Entrambi i coniugi sono stati posti agli arresti domiciliari per il delitto di associazione per delinquere, nonché per svariati episodi di peculato. I fatti per i quali si procede risalgono all’arco temporale 2015-2017, periodo in cui l’Azienda era commissariata (per un precedente scioglimento dovuto ad infiltrazioni mafiose) e gestita da manager diversi da quelli attuali. In particolare, dagli approfondimenti investigativi delegati ai Carabinieri del NAS, è emersa la esistenza e la operatività di un sodalizio criminale costituito dai dipendenti dell’unità operativa complessa (U.O.C.) di Patologia Clinica dell’ospedale, attraverso il quale, presso il laboratorio ospedaliero, veniva eseguita una serie indeterminata di esami clinici su campioni prelevati ai clienti del laboratorio della Scotti, privato ed accreditato con il Servizio Sanitario regionale che provvedeva, poi, a richiedere, ingiustamente, il rimborso delle relative ricette di prescrizione alla competente ASL. Nel corso delle attività, espletate anche mediante intercettazioni telefoniche, perquisizioni, pedinamenti ed acquisizione di copiosa documentazione contabile/amministrativa, è stata disvelata l’esistenza di un sodalizio criminoso, caratterizzato da un’articolata ripartizione di compiti. I promotori sono stati individuati in Angelo Costanzo, responsabile della citata UOC ospedaliera, e da Angelina Grillo, tecnico di laboratorio, sua fidata collaboratrice, anch’ella dipendente aziendale destinataria della misura in carcere, i quali ottenevano, in forma corruttiva, da Giovanni Baglivi e Ernesto Accardo, rappresentanti di una ditta fornitrice e destinatari del provvedimento interdittivo dai rapporti con la pubblica amministrazione, compensi in danaro o soggiorni nelle isole partenopee, in cambio della indebita attribuzione di forniture di beni strumentali e diagnostici per l’ospedale. Le richieste di approvvigionamento, infatti, però, non erano legate al reale fabbisogno per il laboratorio, ma decise dagli stessi rappresentanti della ditta fornitrice che articolavano le forniture adeguandole alle richieste corruttive effettuate dai due dipendenti pubblici. Le conversazioni telefoniche evidenziano, infatti, che gli ordini, per lo più inutili, venivano commissionati alla ditta che maggiormente si dimostrava disposta a versare la “tangente”. Il tutto avveniva sotto il connivente avallo del Direttore del complesso diagnostico pubblico, Angelo Costanzo, che, in maniera compiacente e nella certezza della di impunità, non si preoccupava di dover giustificare al management aziendale la destinazione di impiego dei prodotti acquistati, il cui costo, in un anno, era oramai lievitato in maniera considerevole sino a raggiungere l’ingente somma di 18 milioni di Euro. E’ stato quindi accertato che la Grillo ha ricevuto, in più occasioni, somme di danaro, per le quali accampava esigenze che variavano dall’acquisto di biglietti ferroviari a vacanze in località turistiche. Addirittura, in un’occasione, la Grillo si è procurata la provvista di denaro necessaria a corrompere un pubblico ufficiale, per ottenere in favore dei propri figli il positivo superamento delle prove di un concorso per l’arruolamento nell’Esercito Italiano, ancora una volta piegando alle illecite esigenze private la struttura pubblica: effettuava, infatti, un ordinativo inutile per la struttura sanitaria pubblica, richiedendo ai dipendenti della società una somma di denaro, comprensiva non solo della cifra pattuita per la corruzione, ma anche per le spese di vitto e alloggio cui sarebbe andata incontro nell’accompagnare i propri figli a Foligno. In questo ambito, si inserisce la misura dell’obbligo di presentazione alla P.G. a carico di un militare dell’Esercito Italiano, Generoso Vaiano, che ha promosso l’illecita mediazione. Le attività investigative permettevano altresì di riscontrare una serie di trafugamenti di farmaci e reagenti vari commessi dalla Grillo, da altri dipendenti dell’Azienda Ospedaliera e parenti o conoscenti di questi che utilizzavano illecitamente i predetti materiali o li destinavano a terze persone. In tale contesto, appare emblematica ed emerge in tutta la sua gravità la richiesta sfrontatamente avanzata dalla Scotti, titolare del “gemellato” laboratorio di analisi privato, affinché venisse effettuata una fornitura di reagenti chimici per i propri macchinari, che sarebbero dovuti ovviamente essere acquistati con i fondi ospedalieri; ordine, poi, non effettuato solo per una mera scelta strategica dovuta all’imminente chiusura dei bilanci e all’ingente spesa che avrebbe catalizzato l’attenzione di eventuali controllori addetti alla verifica sul contenimento del budget annuale. L’ennesima attività criminosa emersa nel corso delle indagini è rappresentata dall’esecuzione di una serie indeterminata di analisi di laboratorio di “piacere”, effettuati senza corrispondere alcuna somma e in spregio ad ogni minima norma di buon andamento della P.A. Molteplici dipendenti del reparto, con la colpevole accondiscendenza del Costanzo, si prodigavano per compiere gli esami in favore di amici e/o parenti/conoscenti, ai quali, come già anticipato, veniva consentito di evitare la prevista prenotazione al CUP e dunque la corresponsione delle dovute quote di compartecipazione alla spesa sanitaria (ticket), con conseguente ammanco per l’Erario e sperpero di reagenti, nonché l’illecito utilizzo delle apparecchiature a scapito della regolare utenza. In tale contesto, infatti, è stato accertato che queste attività illecite, talvolta riguardanti importi, per singole prestazioni, anche superiore ai 250,00 Euro, determinavano considerevoli mancati introiti per le risorse della Sanità Pubblica. Le investigazioni hanno permesso di dimostrare che le illegalità venivano anteposte a quelle delle ordinarie esigenze ospedaliere, tant’è che diversi turni di servizio venivano portati a termine, eseguendo esclusivamente accertamenti su campioni prelevati da parenti, amici e conoscenti, posticipando le attività diagnostiche sulle matrici provenienti dai reparti ospedalieri e, addirittura, dalle urgenze e dal pronto soccorso. Al fine di celare le migliaia di analisi eseguite illecitamente (che comportavano anche il superamento del tetto di spesa imposto dall’Azienda al Reparto di Patologia Clinica) e lo sperpero di reagenti, tale da renderli indisponibili per l’esecuzione degli esami routinari richiesti dagli altri reparti aziendali, il primario e i dipendenti del laboratorio avevano posto in essere una serie di stratagemmi per mascherare e, nello stesso tempo, consentire agli interessati di individuare le analisi “di piacere” rispetto a quelle ufficiali. La particolare procedura consisteva nell’inserire, nel sistema informatizzato, solo il nome dell’intestatario del campione oppure cancellarlo prima della condivisione in rete, lasciando così un buco nella cronologia degli esami eseguiti, in modo tale da non rendere individuabile il campione esaminato e il relativo beneficiario a eventuali, ma improbabili controllori. Gli stessi, comunque, in caso di controllo avevano già pianificato di sostenere che le anomalie si riferissero all’effettuazione di esami urgenti in attesa dell’esibizione della ricetta da parte del paziente. Nella complessa architettura criminosa viene evidenziato anche il caso di un infermiere, in servizio presso il citato laboratorio, che, dopo aver eseguito gli illeciti accertamenti diagnostici (quindi utilizzando impropriamente strumentazione e reagenti del laboratorio ospedaliero), otteneva a titolo personale anche il pagamento di una somma di danaro per la “prestazione” fornita. Altro aspetto messo in luce dalle indagini riguarda una serie di illegittimi allontanamenti dal servizio della Grillo, con l’avallo del Costanzo, la quale, adottando una serie di artifizi, dopo aver timbrato l’ingresso in servizio, si allontanava dalla struttura ospedaliera per dedicarsi pienamente a faccende private. In tale contesto, le assenze venivano anche attribuite falsamente a stati di malattia (per cui sono stati prodotti false certificazioni mediche), al fine di evitare di erodere i periodi di ferie effettivamente spettanti. La falsa malattia veniva fruita spesso per incrementare il periodo di ferie in località balneari e, in un caso specifico, addirittura per assistere ad un incontro di calcio intemazionale (Champions League) tenutosi in una regione del nord Italia. Non sono mancati, ad opera di una delle destinatarie dei provvedimenti in esecuzione, casi di interruzioni del turno di servizio, prevalentemente quello notturno, al fine di intrattenere rapporti “amorosi” all’interno dei locali del laboratorio, approfittando appunto della ridotta presenza dei colleghi. L’intero compendio investigativo ha dunque consentito di portare alla luce la scandalosa gestione del laboratorio dell’Azienda Ospedaliera di Caserta, per lo più asservito a scopi strettamente personali e privatistici, ormai nettamente preminenti rispetto all’attività istituzionale, relegata, purtroppo, ad essere espletata nei ritagli di tempo e, solo alla conclusione degli accertamenti laboratoriali del centro privato e quelli “di piacere”. Le conversazioni intercettate hanno dato dimostrazione della naturalezza con cui venivano richieste illecitamente analisi di laboratorio, come fosse ormai una routine (quasi un diritto acquisito) per coloro i quali svolgevano mansioni presso uno qualsiasi dei Reparti dell’Ospedale. La pervicacia criminale dei sodali si è spinta fino alla dichiarata intenzione di “avvicinare” il Pubblico Ministero titolare delle indagini o di architettare una ennesima serie di condotte, altrettanto criminose, da portare a termine per mascherare le illecite attività ormai già emerse; tutte queste considerazioni e progetti sono emersi all’indomani di un’invasiva serie di perquisizioni del NAS presso il reparto ospedaliero e il “Sanatrix”, il laboratorio privato della Scotti. La scelleratezza gestionale del laboratorio pubblico e la mancanza di valori etico-professionali, che purtroppo pervadono anche i dipendenti pubblici coinvolti nell’indagine, emergono in tutta la loro gravità in un episodio accertato durante l’indagine, quando, vista la mole di lavoro irregolare, è stata omessa l’effettuazione di esami di laboratorio, richiesti con estrema urgenza dal pronto soccorso, facendo rischiare lo stato comatoso ad un paziente in attesa di opportuno trattamento terapeutico da poter stabilire solo all’esito dei risultati ematochimici richiesti. Le perizie tecniche effettuate sulla strumentazione utilizzata presso il Reparto di Patologia Clinica per l’esecuzione degli esami diagnostici e gli accertamenti documentali della P.G. operante hanno permesso di dimostrare che almeno il 10% degli esami eseguiti, nel periodo in esame, non risultavano collegati ad attività istituzionale, ma erano riconducibili ad esami illeciti. Il danno erariale stimato per difetto è di 1.800.000 euro annui.

 

 

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