Dalla relazione della Prefettura di Caserta emerge un quadro impietoso, ma nel complesso corrispondente al vero, di una città, Orta di Atella, devastata da 25 anni di gestioni amministrative disastrose e condizionate da pesanti infiltrazioni mafiose. Sulla scorta del lavoro certosino svolto dalla commissione d’accesso, composta da Imma Fedele, oggi prefetto vicario di Frosinone, dal capitano Luca D’Alessandro, comandante della Compagnia dei carabinieri di Marcianise, e dall’apprezzato tecnico Giuseppe Iannucci, l’Ufficio territoriale del Governo ha motivato (con i necessari “omissis”) la proposta di scioglimento per camorra del consiglio comunale guidato dall’ex sindaco Andrea Villano. Il provvedimento del prefetto Raffaele Ruberto, ratificato prima dal Viminale, poi dal consiglio dei ministri, si basa su un fil ruoge che lega le ultime tre amministrazioni comunali ortesi e rimarca la “penetrante e costante infiltrazione di soggetti contigui alla criminalità organizzata del territorio casertano e napoletano”. Un intreccio letale dovuto ad “una classe politica locale incapace di rinnovarsi effettivamente”.
La Prefettura e il Ministero dell’Interno hanno suffragato la richiesta di scioglimento per camorra, decretato dal governo lo scorso 6 novembre, partendo dalle dichiarazioni riferita all’autorità giudiziaria dall’ex primo cittadino Angelo Brancaccio (detenuto per 416 bis) sul sindaco uscente Villano. Brancaccio ha rivelato ai pm di aver fatto assumere Villano presso il GeoEco (Consorzio di raccolta e smaltimento) e che la ditta di quest’ultimo, composta anche da Francesco Gianfranco Piccirillo del Pd e da suoi familiari, ha realizzato “una vasta edificazione nel territorio comunale durante la consiliatura 2000-2006”. Erano gli anni del sacco della città e il capo dell’amministrazione era lo stesso Brancaccio. A quei tempi Villano era un giovane imprenditore e il socio Piccirillo era un fedelissimo di Brancaccio.
Un altro anello di congiunzione tra passato e presente è Nando D’Ambrosio. L’ex presidente dell’assise – si legge nella documento – è stato sostenuto elettoralmente dallo zio Pasquale Garofalo, secondo i pentiti prestanome di Nicola Schiavone, figlio del superboss Francesco Schiavone Sandokan. D’Ambrosio finisce nel mirino anche per la sua parentela con Lina Capuano, a quei tempi moglie di Garofalo, ex assessore e legata mani e piedi a Brancaccio. La famiglia Capuano, attraverso diverse ditte, ha “beneficiato del sacco edilizio”. Nella relazione della Prefettura salgono sulla ribalta anche i nomi (omissati) di alcuni consiglieri comunali in carica nell’ultima consiliatura. Si tratta di Rocco Russo, staffista nell’ultimo mandato di Brancaccio, e di Raffaele Elveri, che ha ricoperto ininterrottamente la carica di consigliere dall’ultima amministrazione Brancaccio fino a quella Villano.
Elveri, fa notare la Prefettura, è peraltro indagato nell’ambito dell’inchiesta sugli abusi edilizi che vede coinvolte altre 62 persone. Gli elementi determinati da cui è scaturito lo scioglimento per infiltrazioni camorristiche ruotano anche attorno al ricorrente nome di Nicola Iovinella, ex dominus dell’Utc durante il boom edilizio. Fari accesi anche sul permesso per l’apertura di un ipermercato (il Conad) in un parco abusivo, rilasciato dall’allora responsabile delle Politiche del territorio Raffaele Villano, cugino del sindaco uscente. Nelle relazioni del prefetto Ruberto e del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese si pone l’accento anche su altri aspetti, come quelli già elencati, trattati in passato e più volte da Campania Notizie. Ne andiamo fieri. Ora vediamo chi dirà che scrivevamo fandonie. Vi rimandiamo alla prossima puntata per approfondire tutti gli elementi che hanno determinato lo scioglimento del consiglio per camorra. Ne leggerete delle belle. Sveleremo i nomi di politici e imprenditori (con omissis) che hanno costruito la rete tra le amministrazioni comunali e la criminalità organizzata. C’è da sobbalzare dalle sedie.
Mario De Michele
(continua…)