Man mano che viene esaminato il rapporto della Dia sulle organizzazioni criminali emergono continuamente elementi sulle dinamiche che caratterizzano i vari gruppi camorristici operanti in Campania e in molte altre ragioni d’Italia. Non solo il controllo territoriale, ma anche mire di espansione per diversificare i business e cercare di riciclare i soldi provento di attività criminali. Questa è la fotografia che emerge dalla relazione della Direzione Investigativa Antimafia, consegnata al Parlamento nei giorni scorsi, sulle attività del clan dei casalesi. Il gruppo criminale casertano, nonostante le numerose inchieste giudiziarie e i provvedimenti patrimoniali “riesce ancora efficacemente a difendere e curare i propri interessi illeciti attraverso ramificazioni finanziarie anche internazionali e importanti reti di imprese controllate da fiduciari dell’organizzazione”.
“A tale scopo i Casalesi possono contare su interlocutori con specifiche e diverse competenze professionali, capaci di gestire attività economiche di elevata e sofisticata complessità”. Il cartello dei Casalesi, per l’Antimafia, “nonostante la cattura di tutti i capi storici, riesce ancora a conservare una propria forza pervasiva e di influenza sul territorio. Una presenza forse meno visibile da un punto di vista militare, ma non meno efficace sotto il profilo del controllo e della pressione sui settori economici e sull’apparato pubblico e amministrativo, in virtù di una radicata e collaudata rete di connivenze e contiguità intessuta negli anni. Il quadro di conoscenze sull’operatività e la struttura della federazione criminale si è arricchito negli ultimi tempi, grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, tra i quali i figli dei capi dei gruppi Schiavone e Bidognetti”. La forza del clan casertano è quello di riuscire ad insinuarsi in tutto il territorio italiano, grazie alle proprie capacità economiche, riuscendo a chiudere accordi criminali anche con altri gruppi. In provincia di Roma è stata creata una ‘fusione funzionale’ coi Fragalà, attivi tra Torvajanica, Pomezia e Ardea, che ha allargato la presenza del gruppo casertano che fino a pochi anni fa arrivava alle province di Latina (Bidognetti e Bardellino) e Frosinone (interessi legati al settore del gioco, utilizzato per il riciclaggio di denaro in settori quali il bingo, la raccolta delle scommesse sportive ed ippiche). Anche nel territorio di Cassino si è registrata, nel tempo, una crescente proiezione dei sodalizi criminali campani, in particolare casertani. Si è, infatti, evidenziata la presenza di soggetti appartenenti al clan dei Casalesi, agli Esposito di Sessa Aurunca, ai Belforte di Marcianise.
Le capacità imprenditoriali del clan dei Casalesi sono servite per entrare anche in Lombardia (dove comunque resta forte la presenza della ‘Ndrangheta) ed in Trentino Alto Adige (dove hanno tentato di impossessarsi di aziende in difficoltà immettendo denaro sporco). Più forte è la presenza in Veneto, dove la Dda è riuscita ad ottenere l’arresto dell’ex sindaco di Eraclea (comune della città metropolitana di Venezia), che si sarebbe avvalso dell’appoggio della consorteria per procurarsi voti nella competizione elettorale del 2006, che ha seguito un’altra inchiesta che ha svelato la presenza di persone vicine alla famiglia Iovine di San Cipriano. In Emilia Romagna la pluriennale presenza casalese è stata accertata nelle province di Bologna, Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Ravenna e Rimini: una presenza finalizzata ad agevolare le infiltrazioni finanziarie nel mercato immobiliare e nelle gestioni d’impresa. Una conferma in tal senso viene da un’operazione conclusa, nel mese di aprile, dalla DIA e dalla Polizia di Stato, che ha portato all’arresto dei titolari di una nota catena di pasticcerie, espressione degli interessi della fazione Zagaria. Il gruppo aveva pianificato una importante espansione imprenditoriale verso l’Emilia Romagna, dove voleva far fiorire, appunto, nuovi punti vendita. In Toscana si sono registrati insediamenti sulla costa tirrenica (alta Maremma e Versilia, dove emergono soggetti legati a famiglie Casalesi) e nella provincia di Prato.
In Umbria, le indagini degli ultimi anni hanno dimostrato la presenza di cellule operative specializzate nel reimpiego di capitali di provenienza illecita in attività legali. “In tale quadro – si legge nella relazione – significativa è risultata, in passato, l’operazione “Doma”, condotta nel settembre 2015 dalla DIA di Napoli nei confronti di esponenti del clan dei Casalesi, che ha portato al sequestro di beni riconducibili alla famiglia Russo, organica al citato cartello, alcuni dei quali ubicati nella provincia di Perugia”. In Abruzzo, sono state ricondotte alcune presenze collegate per lo più al clan casertano dei Casalesi ed alle famiglie napoletane Contini, Moccia e Mallardo, presenze funzionali, in alcuni casi, al riciclaggio dei proventi illeciti ed al traffico di sostanze stupefacenti. Anche il Molise non è immune da infiltrazioni: Le due province molisane risultano esposte a possibili ingerenze camorristiche sia lungo la fascia adriatica, sia lungo le zone tra il Sannio ed il Matese, quest’ultime contigue alle aree di influenza dei Casalesi.