Abbiamo atteso 5 giorni, ed era giusto così, prima di abbozzare un ragionamento sul caso sollevato dal parroco di Orta di Atella durante l’omelia della Domenica delle Palme (audio in basso). Nel definire incomprensibili le multe comminate dai vigili ai danni degli automobilisti che parcheggiavano nel piazzale accanto alla chiesa di San Massimo, dove si è sempre sostato senza sanzioni, don Paolo Gaudino manifestò ai fedeli il suo sdegno per le parole pronunciate, a suo dire, da uno dei membri della triade commissariale, composta da Franca Buccino, Maria Rosa Falasca e Lucia Guerriero. “No, ma quello voi siete illegali, questo è un paese di camorristi”, confidò il parroco riportando una frase di una dei commissari, di cui ha rivelato il nome. Parole pesanti come macigni, alle quali replicò il prelato durante l’omelia disse: “Io mi onoro di essere il parroco di questo paese che non è di camorristi, se qualcuno è stato camorrista so chiann iss e a cuscienz soja, ma questo non significa che tutto il popolo di Orta è camorrista e che, parole di commissaria prefettizia, «ci vorranno quattro generazioni di laureati che non hanno la mentalità camorrista per togliere questo tipo di ragionamento da mezzo»”. Lasciamo perdere la questione multe. Poi si vedrà se sono legittime o meno. Il tema posto da don Gaudino è di ben altra pregnanza. Può un popolo essere segnato a vita con il marchio di “camorrista” a causa di una classe dirigente (politici, amministratori, tecnici, imprenditori) che ha anteposto gli affari all’interesse della collettività? Beh, la risposta secca è “no!”. Su questo punto il parroco ha ragione dieci, cento, mille, un milione di volte. Nel precedente articolo (clicca qui) abbiamo mosso delle critiche sulla modalità d’azione rispetto alla polemica sulle multe. Preparare volantini e farne oggetto di riflessione durante l’omelia ci è apparso fuori luogo. Invece ha fatto bene, anzi benissimo, don Gaudino a informare i fedeli del (pre)giudizio della commissione straordinaria sul popolo ortese.
A 5 giorni dalla pubblicazione in esclusiva su Campania Notizie dell’audio contenente l’omelia non sono pervenute smentite o precisazioni da parte dei commissari. Tutto fa presupporre che il parroco abbia riferito, al limite non proprio le parole testuali, il (pre)concetto dell’innominato commissario. Se è così ci associamo all’hashtag #iostocondonguadino postato su Fb da centinaia di abitanti di Orta. La città atellana non può e non deve essere il simbolo di tutti i mali. Peggio ancora se si parla di un cancro come la criminalità organizzata. Per carità, il consiglio comunale è stato sciolto per presunte infiltrazioni mafiose per ben due volte nell’ultimi 11 anni. L’ex sindaco Angelo Brancaccio è in cella per 416 bis. Amministratori-tecnici hanno intascato tangenti da imprenditori in odore di camorra. Tra il 2000 e il 2010 il territorio è stato sommerso dal cemento. E chi più ne ha più ne metta. Ma da qui a dire che tutti gli ortesi sono camorristi ce ne passa. Anzi, chi lo dice, oltre ad affermare il falso e ad offendere la parte sana della collettività (che rappresenta la stragrande maggioranza dei cittadini), mette un freno ad un necessario e ormai non più differibile processo di rinascita. Ben venga, allora, il grido di ribellione di don Paolo Gaudino. Ma attenzione agli speculatori edilizi e politici. Dio ci scansi dai finti paladini della legalità. Provoca ulcere sanguinose l’immagine del profilo Fb di Salvatore Del Prete “Magò”. Lui, unico amministratore locale ad essere stato “sciolto” per due volte per camorra, utilizza una foto che ritrae Falcone e Borsellino (in basso). Suscita disgusto il post di Francesco Gianfranco Piccirillo che accusa i vigili urbani di operare un controllo alla carlona del territorio. Ha perfettamente ragione l’ex braccio destro di Brancaccio ex socio di Andrea Villano. Colpevolmente la polizia municipale non è ancora intervenuta per “sanare” l’abuso edilizio milionario di via San Nicola, dove la F.A.A.G., società di costruzione di Piccirillo e Villano, ha realizzato un palazzo addirittura su uno standard urbanistico destinato a centro sociale per gli anziani. Ha perfettamente ragione l’ex assessore della giunta Brancaccio perché i vigili non hanno ancora mosso un dito per riportare la legalità in via Carosone, dove insiste la casa del fratello e dove vive lo stesso Piccirillo al piano superiore. Un’abitazione oggetto di ordinanza di abbattimento, confermata dal Tar della Campania. Attenti ai “Coca Cola” abusivi di via Vivaldi e a tutti i commensali della grande tavola imbandita nel passato da Brancaccio, che oggi vorrebbero ripulirsi la coscienza a colpi di post. Orta di Atella ha davvero bisogno di una svolta. Non è possibile che un ragazzo come Vincenzo Moccia sia additato per chissà quale responsabilità solo per aver ricoperto la carica di amministratore locale nell’ultima consiliatura. A differenza di altri l’unica colpa di Moccia è quella di aver continuato, anche dopo essere stato eletto, ad alzarsi alle sei del mattino per andare a lavorare tornando a casa di sera. Non servono quattro generazioni per bonificare dalla camorra Orta di Atella. La città è già ora composta quasi interamente da persone perbene e oneste. Bisogna partire da loro.
IL PROFILO FB DI SALVATORE DEL PRETE “MAGÒ”
IL POST DI FRANCESCO GIANFRANCO PICCIRILLO
L’AUDIO DELL’OMELIA DI DON PAOLO GAUDINO