“Non ci sarà alcun aumento delle tariffe per i prossimi tre anni”. Era il 30 ottobre 2018 quando Giuseppe Dell’Aversana si beatificava per l’adesione del Comune di Sant’Arpino all’Acquedotti Scpa e segnava con un circoletto rosso l’impegno politico-contrattuale che impediva qualsiasi incremento della tassa sul consumo idrico. Quella solenne promessa, fatta durante il civico consesso, sembra cozzare con le ultime bollette inviate dalla società ai contribuenti. Nei giorni scorsi infatti i cittadini hanno ricevuto una “sfogliatella” dal sapore amaro per il pagamento del servizio di depurazione e fognature. Per carità, è tutto previsto dalla convenzione. Ma dalla lettura delle cartelle i conti non tornano (foto in basso). Lo scorso marzo nelle case dei santarpinesi è pervenuto l’avviso di versare all’Acquedotti gli importi riguardanti appunto l’espletamento dell’attività di depurazione e fognatura per il periodo di riferimento che va dal 17 gennaio 2020 al 31 gennaio 2021. Il servizio è annuale. Fin qui tutto bene. Non si spiega un punto. L’anno scorso i contribuenti hanno già pagato una bolletta che copre il servizio di depurazione e fognatura fino al 31 luglio 2020 (seconda foto in basso). Perché hanno ricevuto una bolletta che si riferisce in parte allo stesso periodo? In altre parole, carte alla mano, viene chiesto ai cittadini di pagare due volte per i primi 6 mesi e mezzo del 2020. È vero che si tratta di un servizio annuale, ma il periodo va calcolato dall’inizio dell’effettivo espletamento, non in base all’anno solare, o no? Le bollette inviate lo scorso marzo dovevano essere ingiunte dopo il 31 luglio 2021 perché, come detto, i contribuenti hanno già coperto questo periodo. Un altro aspetto poco chiaro delle cartelle afferisce alla “voce” oneri perequazione, che ammontano a circa 10 euro. A cosa sono destinati in concreto? Di solito si tratta di addebiti a carico di tutti gli utenti e servono a compensare costi sostenuti nell’interesse generale del sistema, ad esempio per sostenere interventi di solidarietà in caso di calamità naturali o per le agevolazioni sociali. Per fortuna non ci sono state calamità naturali, e ci auguriamo che mai ce ne siano, si presume quindi che gli oneri di perequazione siano stati utilizzati per aiutare le fasce meno abbienti. È così? I cittadini (poco) fiduciosi gradirebbero risposte concrete.