Napoli, 23 settembre 1985, è sera già da un po’. Un giovane, a bordo della sua Citroën Mehari verde sta rientrando nella propria abitazione al Vomero. Parcheggia l’auto ma non ha il tempo di scendere, due persone lo avvicinano, il giovane giornalista li guarda, forse pensa che vogliano dargli delle informazioni. Succede quando ci si occupa di cronaca, specialmente quando c’è soltanto la passione e la gioventù o poco più, che batte nel petto di un giornalista senza contratto e, dunque, si va. E si va oltre ogni limite. Quella volta, invece, piovono colpi di pistola. Da una Beretta 7,65 e la vita se ne va. Come i due killer a bordo del loro scooter. Sono già trascorsi 36 anni da quel tragico omicidio, qualcuno ha pagato qualcun altro forse no. Ma di Giancarlo Siani restano vive la passione per il giornalismo e l’amore per la vita. Quella gioventù spezzata ha prodotto sicuramente molto di più di quanto i suoi assassini volevano mettere a tacere. Perché Giancarlo Siani, e quelli come lui, resteranno sempre un esempio da seguire, ed anche per questo non ci sarà mai tregua per malfattori e gaglioffi.