Come ogni anno, da 23 stagioni, è stata stilata la classifica delle città d’Italia con la migliore qualità della vita da ItaliaOggi e l’Università La Sapienza: una lista delle città italiane in ordine graduale in base alla vivibilità. Per quest’anno (come anche lo scorso), uno dei fattori che è entrato a far parte dei criteri non poteva che essere la gestione della pandemia. La pandemia non ha colpito in egual modo tutte le zone del Paese, mettendo a nudo aree di vulnerabilità, a sorpresa, anche nel Nord del Paese. Ma, d’altro canto, ha messo in evidenza la capacità di reazione di altre zone e delle metropoli, in particolare. Sono alcuni dei risultati emersi dall’indagine di Italia Oggi Sette-Università La Sapienza di Roma, in collaborazione con Cattolica Assicurazioni, giunta alla sua 23ª edizione. Quest’anno molte città hanno avanzato di posizione, mentre altre sono tristemente scese, e le sorprese non mancano neanche sul podio. La classifica annuale, giunta alla XXIII edizione, «Qualità Vita» mostra una fotografia della situazione attuale delle città italiane, prendendo in considerazione diversi fattori. Tra questi, molto importanti sono quelli economici, ambientali e lavorativi. Vediamo, quindi, quali sono le migliori città in cui vivere e le peggiori, in base alla nuova classifica.
Parma è la prima per qualità della vita. Una piccola rivoluzione sul podio della classifica annuale di ItaliaOggi e Università La Sapienza di Roma. Dopo anni di staffette tra Pordenone e Trento, quest’anno rispettivamente nona e seconda, è la provincia di Parma a conquistare la vetta (nella scorsa edizione al 39° posto). A chiudere è Crotone, che scivola solo di una posizione rispetto allo scorso anno. Oltre a quella di Parma, sorprendono anche le scalate di Bolzano (dall’ottava alla terza posizione), Bologna (era 27ª ora è quarta) e Milano, che guadagna quaranta posizioni (dalla 45ª alla quinta), così come Trieste (al settimo posto dal 40°). Non da meno il salto che ha fatto Firenze: da 31ª a sesta. Roma è invece al 54esimo posto contro il 50esimo posto di un anno fa. Il primato della provincia di Parma deriva dal piazzamento nel gruppo 1 in 4 dimensioni su 9 (in linea con quello conseguito da Pordenone lo scorso anno). Ma non solo. Parma appartiene al cluster Metropoli, ossia il raggruppamento di aree urbane del centro-nord che ha fatto registrare un’ottima capacità di reazione alla pandemia, indiscussa protagonista di questa classifica. Scendendo sul fondo, invece, ci sono meno sorprese: sopra Crotone ci sono Napoli (era al 103° posto), Foggia, che risale due posizioni, e Siracusa, stabile. A perdere maggior quota è Taranto (da 94ª a 103ª). Quanto a Crotone è nel gruppo di coda in 5 dimensioni (affari e lavoro, ambiente, istruzione e formazione, reddito e ricchezza, tempo libero), pur essendo in posizioni di vertice con riferimento alla sicurezza sociale e registrando risultati sopra la media nella dimensione demografica. Inoltre, è nel gruppo 2 nella dimensione del sistema salute e nel gruppo 3 nella dimensione relativa a reati e sicurezza.
La prima tendenza, che rappresenta una costante degli ultimi anni, è la crescente complessità che caratterizza l’analisi della «Qualità della vita» in Italia, complessità che ha reso necessario affiancare alle tradizionali classifiche una lettura trasversale del fenomeno, resa possibile dalla classificazione delle 107 province italiane in 5 cluster. I risultati ottenuti consentono di avvalorare l’ipotesi, formulata negli anni passati, secondo cui deve ormai ritenersi superata la generica contrapposizione tra Centro-Nord e Mezzogiorno, in quanto non rappresenta l’unico paradigma interpretativo per spiegare le differenze nei livelli di qualità della vita tra le province italiane. A tale visione devono affiancarsi una serie di letture trasversali dove province «minori», non necessariamente collocate nel Nord del Paese, sono contraddistinte da un notevole dinamismo, non soltanto imprenditoriale, e da condizioni economiche favorevoli (bassa inflazione, valori immobiliari contenuti, buoni livelli di reddito e ricchezza patrimoniale pro capite). Il livello di qualità della vita che negli ultimi anni le ha caratterizzate è risultato spesso superiore a quello di molte aree metropolitane. La seconda tendenza, che è verosimilmente collegata alla precedente, riguarda l’emersione di significative aree di disagio sociale e personale non necessariamente dislocate in Italia meridionale e insulare. Il fenomeno assume una particolare rilevanza nella attuale situazione, dovuta all’emergenza pandemica, che ha messo sotto pressione le strutture sanitarie e ha spinto il governo a intervenire con nuove e inedite forme di assistenza. L’epidemia non ha colpito con la stessa virulenza tutte le zone del Paese, rivelando inaspettate aree di vulnerabilità anche nel Nord.
La terza tendenza, che si delinea con chiarezza nell’indagine 2021, è una forte ripresa che ha caratterizzato le province del Centro-Nord appartenenti al cluster Metropoli. Facendo riferimento al numero di province in cui la qualità della vita è buona o accettabile e alla relativa popolazione. Sia nel 2016 sia nel 2017 le province censite nei primi due gruppi sono state 56 su 110, per poi attestarsi a 59 su 110 nel 2018 e a 65 su 107 nel 2019. Nel 2020, a causa dell’emergenza pandemica, si è registrata una battuta di arresto, con 60 province su 107 caratterizzate da una qualità della vita buona o accettabile.