L’allerta ormai è partita da diverse settimane ma, ora, i dati iniziano a far paura. Nella Penisola infatti, continuano a salire contagi e ricoveri tra i bambini per Covid. A certificarlo l’ultimo report dell’Istituto superiore di Sanità e del ministero della Salute che attesta come la curva delle ospedalizzazioni, nelle fascia di età 0-19 anni, sia in rapida risalita: «La fascia d’età fra 5 e 11 anni è quella che sta registrando il maggiore incremento di casi nei bambini, a partire dalla seconda settimana di ottobre. E si rileva ancora un forte aumento dei ricoveri per i più piccoli di 5 anni, pari a oltre dieci per 1.000.000 abitanti, e un aumento più contenuto nella fascia 16-19 anni». Non solo. Anche l’incidenza di casi ogni 100 mila abitanti tra i giovani è schizzata in alto: 1.593 (tra i 10 e i 19 anni) a fronte dei 1.098 della media nazionale e 830 tra 0 e 9 anni. Una è quintuplicata e l’altra è triplicata a dicembre. Un’impennata piuttosto evidente anche a guardare i ricoveri: il maggior numero si è avuto nella fascia d’età 16-19 (76 ricoveri in intensiva e 2.338 ospedalizzazioni ordinarie) e in quella inferiore ai 3 anni (68 in intensiva e 3.700 ospedalizzazioni), che rappresentano un quarto del totale nelle rianimazioni al 5 dicembre. Ventiquattro ricoverati in intensiva avevano tra i 3 e i 5 anni. Trentanove tra i 6 e gli 11 anni. Nella fascia 12-15 anni sono stati 61 e tra i 16 e i 19 anni 76.
La reale motivazione di questo boom è presto detto: quella dei più piccoli è la fascia di popolazione in cui il virus circola più liberamente, in assenza di una copertura vaccinale massiccia, specie tra gli under11. Ad oggi infatti, tra i 5 e gli 11 anni, gli immunizzati sono appena il 2%. Una quota che andrebbe rapidamente accresciuta, come spiegano da tempo i pediatri della Sip che continuano a invitare alla vaccinazione nelle fasce d’età in cui è già disponibile il vaccino, ricordando che «i bambini non sono immuni dai rischi del coronavirus né dai problemi legati al long Covid». Anche perché se è vero che la maggior parte delle infezioni contratte dai più piccoli non sono gravi, lo è anche che i contagi potrebbero provoccare la cosiddetta sindrome infiammatoria multisistemica (Mis-c), una risposta iper-infiammatoria al virus che può provocare conseguenze molto gravi. A spiegarlo è la dottoressa Francesca Bellini, direttore sanitario dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze. «Sappiamo – afferma Bellini – che nei bambini a distanza di circa un mese dall’infezione da Covid, anche se asintomatica, può verificarsi questa sindrome infiammatoria multisistemica, grave e pericolosa». In altri termini, la struttura fiorentina teme che i grandi numeri dei contagi possano causare effetti a distanza nelle prossime settimane. «Abbiamo – precisa Bellini – un piano progressivo di espansione di letti dedicati al Covid. Un mese fa eravamo al livello uno, con tre letti in area ordinaria e due in area critica. Ora siamo al livello quattro, con 22 letti disponibili in area ordinaria, dove attualmente sono ricoverati 18 bimbi».
La situazione è evidentemente seria. Eppure il governo, al netto degli appelli dei presidi e delle prove di forza di alcuni governatori, non ha fatto marcia indietro sulla riapertura delle scuole dopo le vacanze di Natale. Perché? A dispetto di quanto sostenuto da alcuni, il contagio non sembra in realtà quasi mai avvenire a scuola, quanto piuttosto durante le attività sportive in palestra o fuori dalla scuola. «Il contagio non è avvenuto nelle scuole, l’aumento dei casi si è registrato quando la scuola era chiusa. Insistere sulla presenza è una misura sanitaria importante che permette ai ragazzi di essere in una situazione controllata», ha spiegato più volte il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. A cui ha fatto eco il premier Mario Draghi nella conferenza stampa di lunedì. «Ci sono anche motivazioni di ordine pratico – ha spiegato, giustificando la scelta di mantenere aperte le scuole – ai ragazzi si chiede di stare a casa, poi fanno sport tutto il pomeriggio e vanno in pizzeria? Non ha senso chiudere la scuola prima di tutto il resto, ma se chiudiamo tutto torniamo all’anno scorso e non ci sono i motivi per farlo».
D’altro canto però, a tenere banco c’è il nodo delle mascherine Ffp2. Considerate da alcuni esperti «quasi più efficaci del vaccino» per contenere l’esplosione dei contagi, all’interno dell’ultimo decreto sono state non a caso previste anche per i bambini sopra i sei anni su mezzi pubblici, durante eventuali visite a musei o, per le scuole secondarie, in caso di positività di un compagno di classe. Tuttavia i dispositivi di questo tipo attualmente in commercio non sono certificati per i bambini. Il risultato è che si ripiega verso la “taglia small” per adulti, che però non è appunto certificata per i minori. Inoltre, nell’accordo tra il Governo e farmacie per calmierare i prezzi non è al momento previsto che il prezzo di 0,75 euro venga corrisposto anche per l’acquisto di mascherine colorate o DPI destinati ai bambini.