È l’intera area del cimitero monumentale ad essere a rischio, quanto basta a bloccare l’ingresso nei pressi dei viali alberati, delle cappelle gentilizie, degli immobili che hanno un antico valore storico. Rischio crolli, cedimenti che non lasciano ben sperare per la riapertura del cimitero e per la riconsegna al pubblico di strade e antiche testimonianze del passato, viali e tombe del nostro Pere Lachaise, quelle – per intenderci – interessate dalla voragine dei primi di gennaio. Anzi. A leggere le prime conclusioni dei consulenti della Procura di Napoli, il quadro è tutt’altro sereno. L’intero cimitero di Poggioreale è potenzialmente a rischio, come scrive il gip Valentina Gallo che accoglie la richiesta di sequestro scattata per ordine dei pm all’indomani del crollo dello scorso cinque gennaio. Ed è lo stesso gip a richiamare esplicitamente il lavoro fatto dai consulenti, nell’indicare l’alta esposizione al rischio che investe anche altre aree attualmente non toccate dalla frana che si è registrata il cinque gennaio. Ma seguiamo il ragionamento del giudice, sulla scorta di alcuni passaggi contenuti nell’informativa di polizia giudiziaria trasmessa dalla Procura all’organo giudicante, in sede di richiesta di convalida del sequestro: «L’intera zona del cimitero risulta soggetta a fenomeni di cedimento con quadri fessurativi che interessano sia gli immobili sia il piano di colapestio dei viali pedonali». E non è tutto. C’è un secondo passaggio nel corso del quale si fa riferimento a una esposizione al rischio crollo di zone del cimitero che vanno ancora circoscritte del tutto. Ma leggiamo il secondo passaggio del dispositivo firmato dal gip Gallo: «Ritengono inoltre i consulenti che l’area cimiteriale in questione al momento non circoscrivibile, adiacente alla zona dei crolli già verificatisi, debba considerarsi pericolosa e pertanto vada momentaneamente interdetta al pubblico». Dunque, come raccontato dal nostro giornale, il rischio crollo è decisamente più estero rispetto all’area che era stata interessata lo scorso 5 gennaio. Inchiesta condotta dai pm Federica Amodio e Giuseppe Tittaferrante, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Simona Di Monte e dello stesso procuratore Gianni Melillo, l’ipotesi battuta è di crollo o disastro colposo, al momento contro ignoti. Ed è lo stesso gip di Napoli, sempre alla luce di quanto emerso dai rilievi fino a questo momento effettuati, a ripercorrere la sequenza di episodi avvenuti – per un clamorosa coincidenza fortuita – all’alba dello scorso cinque gennaio, quindi quando la struttura cimiteriale era disabitata: una ricostruzione che si spinge a collegare l’evento ai lavori sotterranei condotti per la realizzazione di una stazione della metropolitana (il fascicolo – va detto – è al momento contro ignoti, ndr). Ma ecco il ragionamento del giudice, a proposito di quanto avvenuto in alcuni edifici dell’arciconfraternita dei Dottori, dell’Immacolata e di San Giacchino.
Il primo episodio avviene intorno alle tre del mattino, con tanto di sprofondamento di diverse cappelle gentilizie e monumenti funerari. Si tratta – continua il gip – di diverse cappelle gentilizie e monumenti funerari che sono ubicati di fronte al cantiere della Linea uno della metropolitana di Napoli. Un collegamento che spinge il giudice a fare questo tipo di riflessione sulla causa del crollo: «Tale evento era verosimilmente scaturito dall’allagamento di un condotto del cantiere della metropolitana», in uno scenario che – ovviamente – ora attende gli esiti di altre verifiche e le probabili risposte che verranno offerte da parte dei soggetti interessati al crollo. Verifiche in corso, zona off limits, si punta a ristabilire la linea di sicurezza per poter restituire decoro alle centinaia di bare risucchiate in una sorta di fossa comune.