La riforma del mercato del lavoro, articolo 18 compreso, passa senza l’accordo firmato dalle parti sociali. Il governo ricorre alla strada del ‘verbale’ per registrare le varie posizioni in campo, su cui si baserà la proposta che presenterà al Parlamento. Con uno strumento legislativo che va deciso:
potrà essere un disegno di legge delega o un decreto. E, intanto, si apre lo scontro con la Cgil, che giudica l’impianto “totalmente squilibrato” e incentrato “unicamente sui licenziamenti facili”, dice il numero uno Susanna Camusso. Che promette battaglia e mobilitazione: “Faremo tutto ciò che serve per contrastarla”. Sull’altro fronte, dalla Cisl con il segretario generale Raffaele Bonanni arriva “un giudizio positivo” sulle linee guida; per la Uil di Luigi Angeletti un giudizio positivo passa, invece, per modifiche da apportare, a partire dal capitolo dei licenziamenti disciplinari ed economici. L’Ugl parla di un impianto nel “complesso condivisibile”, con un “giudizio sostanzialmente sofferto ma responsabile”. Confindustria, con il presidente Emma Marcegaglia, spiega di aver “dato una adesione complessiva all’architettura, ma rimane del lavoro da fare su alcuni punti”. Una “prima valutazione positiva” c’é anche da parte di Rete imprese Italia.
Per giovedì 22 marzo è fissato un nuovo incontro tra Governo e parti sociali, l’ultimo, quello “conclusivo”, in cui si presenteranno i testi definitivi e si stilerà il verbale. Intanto il presidente del Consiglio, Mario Monti, al termine del tavolo ufficiale (dopo quello informale di stamattina), durato oltre tre ore, chiarisce: “Né oggi né giovedì ci sarà un accordo firmato dal governo con le parti sociali” perché, spiega, “il governo ha condotto una consultazione, che ha dato un contributo nel merito”, ma “l’interlocutore” principale del governo rimane il Parlamento. “Il dialogo è importantissimo ma non riflettiamo una cultura consociativa di un passato lontano”: si ascoltano le parti sociali ma non si dà “a nessuno il potere di veto”, afferma Monti. E sull’articolo 18 assicura che “la questione è chiusa” e non sarà “più sottoposta a esame o analisi”. La “nuova formulazione si applicherà a tutti i lavoratori”, spiega il ministro del Lavoro, Elsa Fornero.
L’articolo 18 cambia lasciando il reintegro per i soli licenziamenti discriminatori, mentre per i disciplinari ci sarà l’indennizzo o il reintegro (nei casi gravi e con specifici paletti), per gli economici giudicati illegittimi solo l’indennizzo. Che andrà da un minimo di 15 ad un massimo di 27 mensilità dell’ultima retribuzione. Fornero parla di una “buona” riforma che renderà il mercato del lavoro più inclusivo e più dinamico. E sui nuovi ammortizzatori sociali “universali” conferma che andranno a regime dal 2017, con risorse addizionali di 1,7-1,8 miliardi. I contratti di lavoro a tempo determinato costeranno di più, con una aliquota contributiva aggiuntiva per finanziare l’Aspi (il nuovo sussidio di disoccupazione) dell’1,4% sulla retribuzione ma saranno esclusi – spiega – i contratti sostitutivi e quelli stagionali. Annuncia che nella riforma c’é anche la norma contro le dimissioni in bianco e il via alla sperimentazione dei congedi di paternità obbligatori che saranno finanziati dal ministero del Lavoro.
E garantisce l’intenzione di eliminare gli stage gratuiti: sono un lavoro e l’azienda “lo deve pagare”. Monti subito informa il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, del “buon esito” della trattativa. E Fornero si dice convinta che “il Parlamento è naturalmente sovrano, ma noi crediamo di riuscire a convincere le forze politiche che sostengono il governo del fatto che questa è una buona riforma, equilibrata e inclusiva”.