Non solo arresti e processi, sequestri e capi di imputazione. Dopo i blitz della Procura, si sta concludendo lo screening sui cosiddetti furbetti del green pass, nient’altro che truffatori dal volto pulito. Si è completato in queste ore il primo screening a carico di 38 soggetti che avrebbero pagato per evitare il vaccino, intascando un green pass formalmente ineccepibile ma falso nel contenuto. Sono quelli che hanno versato 150 euro nelle mani di due infermieri, per ottenere il via libera ministeriale, senza scomporsi di fronte a quelle dosi di vaccino disperse in un batuffolo di ovatta. Trentotto nomi, trentotto card sospese, secondo quanto disposto dall’Asl Napoli uno guidata dal direttore Ciro Verdoliva, in uno screening destinato ad investire anche altri profili individuali. Si attende – per essere più chiari – anche quanto sta emergendo dalle verifiche su telefonini cellulari e cartelle cliniche, al termine di una primissima fase di accertamenti condotti dai carabinieri del Nas. Ma torniamo allo stop ai green pass disposto in queste ore dall’autorità sanitaria. Senza certificato verde, si sono ritrovati 38 soggetti: si tratta di insegnanti, dipendenti o funzionari del ministero dell’Interno, di operatori sanitari, ma anche commercialisti e affermati imprenditori. Tutti indagati per una sfilza di reati (si va dal falso alla truffa), che da due giorni sono destinati a ridurre al minimo le proprie attività. Non hanno un documento in tasca, sono segnalati alla piattaforma regionale, quindi avranno difficoltà anche a recarsi in farmacia per un tampone. E non sono i soli, alla luce di quanto potrebbe venire fuori nel corso delle verifiche messe in campo in questa e in altre inchieste condotte dalla Procura di Napoli.
E proviamo a fare chiarezza sulla scorta di filoni investigativi condotti in parallelo negli ultimi mesi dalla Procura di Napoli. Oltre ai due infermieri Giuliano Di Girolamo e Rosario Cirillo (rispettivamente difesi dagli avvocati Marco Sepe e Daniele Pasquariello), e ai loro clienti, le indagini più recenti hanno fatto riferimento al ruolo di tre medici coinvolti in una inchiesta che fa leva su accuse per molti versi simili. Ne abbiamo parlato nell’edizione di ieri di questo giornale, a proposito del coinvolgimento di tre camici bianchi nella storia del boss che puntava ad espatriare (direzione Dubai) con un green pass fasullo in tasca. Anche in questo caso, la trama di contatti e la mole di informazioni emersa (grazie alle indagini della Mobile) sono al vaglio di inquirenti e di ispettori dell’Asl. Penale e disciplinare, c’è un doppio approccio. Spiega al Mattino il presidente dell’Ordine dei Medici Bruno Zuccarelli: «Chiunque fosse riconosciuto mentre esercita un atto abominevole come la dispersione di dosi di medicinale in cambio di soldi, ne risponderà sia da un punto di vista penale che disciplinare. Non ci sono commenti sulla spregevolezza di atti del genere, su cui esercitiamo il nostro potere di controllo e verica, ovviamente in attesa di riscontri concreti e definitivi. Tutte le volte che ci sono stati coinvolgimenti che hanno riguardato dei nostri iscritti, abbiamo dato corso a verifiche e convocazioni, ovviamente con lo spirito garantista che ci contraddistingue». Ma restiamo alla storia dei medici tirati in ballo nel corso delle intercettazioni a carico del presunto boss che puntava a stabilirsi in quel di Dubai. Tre nomi di medici, uno dei quali colpito la scorsa estate da un’altra inchiesta, questa volta per la presunta truffa su ticket fiscali gonfiati (e assegnati a ignari cittadini). Come è possibile che, a distanza di pochi mesi, lo stesso medico resti imbrigliato in un’altra trama investigativa? E soprattutto: quanto è grande il portafoglio clienti dei tre medici indagati? Verifiche in corso, inchiesta condotta dai pm Alessandra Converso e Ida Teresi, si lavora su una sorta di triangolo: Asl di piazza Nazionale, uno studio medico al Vasto e un centro clinico a San Giorgio a Cremano. Tre punti visitati di recente da un blitz della Mobile, si scava su cartelle cliniche e certificati sanitari. Stesso lavoro nelle indagini condotte dal pm Henry John Woodcock, quelle – per intenderci – sui furbetti della Fagianeria, che da due giorni sono stati espunti dal sistema lavorativo e civile del Paese.