Chi non si è ancora protetto dal Covid perché spera che arrivi prima o poi il vaccino proteico Novavax dovrà mettere in conto almeno altre tre settimane di attesa. La consegna prevista e annunciata come certa per fine gennaio per il quinto vaccino autorizzato in Europa slitta infatti a fine febbraio. Ma solo per ragioni burocratiche. «Questi vaccini proteici hanno avuto un po’ di ritardo, non solo in Italia – spiega il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute Giovanni Rezza – Ricordiamo che gli acquisti sono statti fatti tramite la Commissione europea. Entro fine mese le dosi di Novavax arriveranno anche da noi. Bisogna attendere i tempi previsti per la distribuzione in tutta Europa». Gli indecisi, quindi, soprattutto se over 50 per i quali il vaccino è obbligatorio (e sono circa 1.5 milioni i non ancora vaccinati), dovranno programmare la somministrazione per marzo. Per tutti gli altri, invece, si continueranno a utilizzare i vaccini a mRna. I ritardi del nuovo farmaco anti-Covid, assicurano dal ministero, non stanno comunque creando rallentamenti nella gestione della campagna vaccinale, visto che non c’è alcuna carenza di dosi per la profilassi. Novavax servirà per le prime dosi ed è destinato a chi ha più di 18 anni. «È tutto da valutare – rimarca Rezza – se sarà usato anche come booster». Nel primo lotto, dovrebbero arrivare oltre 3 milioni di dosi. Ma gli esperti non sono affatto preoccupati per il rallentamento nella consegna. «Si tratta solo di un ritardo tecnico, non è relativo a revisione né a problemi di efficacia e sicurezza – spiega Filippo Drago, ordinario di farmacologia dell’Università di Catania e componente della task force sul Covid della società italiana di Farmacologia – È una questione di tipo amministrativo». E non sarebbe la prima volta quando si tratta di fornire grandi quantitativi di prodotti. «In genere, i ritardi sono dovuti anche al fatto che le grandi aziende farmaceutiche gestiscono la politica di erogazione dei farmaci per area geografica. Qualche volta capita che alcune regioni chiedano più del quantitativo previsto. Quindi, può essere necessaria una ridistribuzione dei lotti». Se Novavax potrà convincere qualche ritardatario in più a proteggersi, è presto per dirlo. «È un vaccino diverso dagli altri – spiega Drago – non è a rna messaggero, non introduce cioè acido nucleico. È ovvio che i pregiudizi verso i vaccini finora usati non hanno alcuna base scientifica. Non è affatto vero che i farmaci anticovid a rna siano in grado di modificare il nostro codice genetico. Sono tutte fandonie. In ogni caso, Novavax è un vaccino più vicino alla metodica tradizionale e forse potrebbe essere più convincente farselo iniettare. Anche se credo che questo aspetto inciderà poco sulla gran parte dei cosiddetti no vax ideologici». Le Regioni intanto si organizzano per la somministrazione. Ma c’è chi guarda anche al di là dei nostri confini. «Novavax potrebbe essere importante a livello globale nei paesi in via di sviluppo – rimarca Roberto Luzzati, professore di Malattie infettive dell’Università di Trieste – Questo vaccino non richiederà particolari precauzioni per gestire la conservazione. Non è necessario infatti disporre di una logistica che fornisca bassissime temperature». Sulla capacità di Novavax di proteggere dai rischi gravi del Covid le aspettative sono alte. Secondo gli studi clinici condotti finora, una doppia dose di Novavax fornisce una protezione del 90%. «L’efficacia di questo vaccino è molto simile a quella dei prodotti anti-Covid a rna – spiega Luzzati – Ricordiamo che ancora non abbiamo dati prospettici, ed è quindi difficile fare un confronto con altri vaccini, ma è sicuramente un passo avanti per la profilassi mondiale».