Nessun ”licenziamento facile”, parola al Parlamento e via con una riforma necessaria. E poi, ”eliminare rigidit… e chiusure corporative” che frenano lo sviluppo e danneggiano i giovani. Sara’ piaciuta a Mario Monti questa frase di stampo liberale che Giorgio Napolitano, dopo aver di fatto benedetto l’impianto della riforma, ha usato oggi per definire lo stato dell’arte del processo riformatore. E puntellare cosi’ il rush finale del Governo sul provvedimento. Una corsa che per il premier non e’ stata facile neanche nei pressi del traguardo: l’accordo sul Ddl era gia’ stato raggiunto, anche con i presidenti delle Camere, ma il Consiglio dei ministri di oggi per Mario Monti non e’ stato solo lungo.
Il premier si e’ trovato a dover vincere le resistenze di alcuni suoi ministri sullo strumento del Disegno di legge ed anche, si e’ appreso da alcuni partecipanti alla riunione, della richiesta di un ministro pesante come quello dello Sviluppo, Corrado Passera, anche se in ambienti ministeriali non viene confermata questa versione, di ”stralciare” il nodo dell’articolo 18 per valutarlo con piu’ calma nei prossimi giorni. Ad aprire il Cdm e’ stata Elsa Fornero che ha illustrato la ‘ratio’ del provvedimento, quindi Mario Monti ha fatto una sintesi politica spiegando che anche lui avrebbe preferito un decreto-legge. Ma poi, dopo una approfondita analisi con Napolitano, e poi con i presidenti delle Camere, sarebbe giunto alla conclusione che l’iter del Ddl avrebbe potuto essere molto veloce. Al punto che il Governo si augura l’approvazione al massimo entro giugno. Le festivita’ di Pasqua, del 25 aprile e le elezioni amministrative avrebbero creato una sorta di ‘buco nero’ parlamentare che avrebbe messo a rischio la conversione di un eventuale decreto, sarebbe stato il ragionamento fatto anche ai ministri. Il gioco di squadra tra le piu’ alte istituzioni della Repubblica e’ stato comunque il motore di tutto. Il presidente della Repubblica ed il presidente del Consiglio oggi sembrano aver trovato la quadratura del cerchio: una riforma dura ma emendabile che passa al vaglio delle Camere con un Ddl ”salvo intese”; la garanzia di un percorso che sia il piu’ veloce possibile; nessun cedimento del Governo sul nodo del reintegro per licenziamenti economici; assicurazione del Quirinale che si fara’ di tutto per evitare ”i licenziamenti facili”. Un gioco di spondache ha coinvolto anche i presidenti di Camera e Senato, come confermano le parole di Renato Schifani che si e’ espresso a favore di una logica come quella della decretazione d’urgenza. E, pur apprezzando la linea d’ascolto sulla quale si e’ posizionato Monti permettendo un dibattito parlamentare, ha pero’ ammonito che ”questo non deve significare una dilatazione oltre l’estate che insabbierebbe la riforma”. E questa sera a Milano si e’ fermato a cena con il premier. La lunga giornata che ha permesso il varo in Consiglio dei ministri della riforma del lavoro era iniziata con le parole del presidente della Repubblica che si e’ speso per assicurare che non ci saranno espulsioni di massa da parte delle imprese: ”non credo che noi stiamo per aprire le porte ad una valanga di licenziamenti facili sulla base dell’articolo 18”, ha detto Napolitano. Una garanzia del Colle necessaria per tranquillizzare le acque, calmare i sindacati ed abbassare le fibrillazioni interne al Pd. Ma anche per dare valore aggiunto al vero risultato ottenuto da Napolitano, cioe’ aver evitato lo strumento del Decreto legge che avrebbero preferito ”il liberale” Mario Monti e diversi ministri del suo esecutivo. Insomma, Napolitano sapeva che ormai i giochi erano chiusi e ha optato per una netta difesa dell’operato del Governo invitando forze politiche e parti sociali ad allargare la lente sull’intero pacchetto di provvedimenti: ”la riforma era da fare” e poi, ha spiegato, non e’ certo l’articolo 18 il vero problema dell’Italia di oggi. ‘Il problema piu’ drammatico e’ quello delle aziende che chiudono e dei lavoratori che perdono il posto di lavoro, non per l’articolo 18 ma per il crollo delle attivita’ produttive”. Compito del Governo e’ quindi quello di ”puntare soprattutto a nuovi investimenti e nuove iniziative in cui possano trovare sbocco soprattutto i giovani”. E non e’ un caso che nel documento approvato oggi dal Cdm ci sia un capitolo dedicato alle liberalizzazioni nel quale il Governo ha formalizzato una modifica che sicuramente piace al Colle: la nascita di un ”osservatorio” sulle banche affinche’ si vigili su una corretta erogazione del credito alle piccole e medie imprese: Un tema caro a Napolitano che non ha ancora firmato il decreto liberalizzazioni.