Giorgio Magliocca perde il pelo ma non il vizio. Il presidente della Provincia di Caserta ha frequentato la scuola di Gianni Alemanno. Un cattivo maestro condannato lo scorso febbraio a un anno e dieci mesi per traffico d’influenze e finanziamento illecito. Per carità, Magliocca dall’ex sindaco di Roma non ha imparato a commettere reati (è una persona perbene fino a prova contraria), ma è stato tra i più brillanti allievi nell’apprendere l’arte del pragmatismo politico. Un’arte che va praticata con cautela. Altrimenti il confine tra lecito e illecito si assottiglia sempre più fino al punto di scomparire. Vale ancora di più per chi ricopre cariche istituzionali. Esempio: il presidente della Provincia deve essere il presidente di tutti i casertani. Nel caso degli enti provinciali, dove presidente e consiglieri vengono votati dagli amministratori locali, il capo dell’amministrazione ha l’obbligo di dar conto del suo operato politico (sul piano amministrativo ha piena autonomia) ai primi cittadini e ai componenti dei civici consessi di tutti i comuni della provincia. Anche di quelli che non l’hanno votato o che militano in partiti diversi dal suo. La ratio della legge è che i membri del consiglio provinciale, a partire ovviamente dal presidente, debbano agire confrontandosi costantemente con i rappresentati istituzionali locali, i quali a loro volta rappresentano i cittadini dei rispettivi Comuni. Magliocca, che è un avvocato, lo sa bene. Anzi benissimo. Ma si porta dietro l’handicap di essersi laureato all’università politica di Alemanno. Quella che contemplava un piano di studi basato sulla capitalizzazione in termini elettorali della posizione istituzionale. Qui nasce il corto circuito tra il Magliocca presidente della Provincia e il Magliocca politico di stampo alemanniano. Non a caso pur di assicurarsi la riconferma alla guida dell’ente dell’ex Saint Gobain Magliocca non si è fatto scrupoli nel siglare un patto di ferro con il sindaco del Pd di Caserta Carlo Marino e nientepopodimenoché con il governatore dem Vincenzo De Luca. Quell’accordo, che da molti è stato definito politicamente indecente, aveva una giustificazione giuridico-istituzionale. Che si rifaceva proprio allo spirito della legge elettorale per le provinciali. Cioè il presidente dell’ente deve rappresentare e tutelare tutti i territori. Quando Magliocca ha svestito i panni di Forza Italia ha assunto anche l’impegno solenne di essere “un garante”. Super partes, direbbero quelli che parlano bene. Ad onor del vero lo è anche stato. Il punto di rottura è sorto appena ha indossato di nuovo la casacca azzurra. Come per incanto è prevalsa in lui la scuola alemanniana: sfruttare elettoralmente il ruolo istituzionale. Il ritorno in Fi è ovviamente finalizzato alla candidatura alle regionali del 2025. E previdentemente Magliocca già si è messo in moto dall’alto della Provincia di Caserta. Si sono susseguite in questi giorni telefonate a raffica a sindaci e amministratori locali “invitati” a passare in Forza Italia. A quanto pare l’invito era accompagnato da una promessa-ricatto: se passi con me il tuo Comune avrà più stanziamenti provinciali. Eh no! Così non va. Dopo essere stato eletto grazie ai primi cittadini, ai quali ha detto di aver come unico interesse quello di risollevare le sorti di Terra di Lavoro e non quello di “fare politica”, Magliocca non può consentirsi il lusso di avventurarsi in salti mortali carpiati. Perché finirebbe inevitabilmente in un burrone. Verrebbe mandato a casa proprio da quelli che gli hanno fatto vincere le elezioni. Se Magliocca si è formato sui banchi di scuola di un cattivo maestro Alemanno, i sindaci hanno frequentato l’università del marciapiede, quella che impone il contatto quotidiano con la gente con l’obiettivo di risolvere i problemi locali. Alemanno si è beccato anno e dieci mesi. Magliocca corre seriamente il rischio di prendersi un sonoro “vaffa” da chi lo ha sostenuto. E di fare le valigie ampiamente in anticipo. Uomo avvisato, mezzo salvato.

Mario De Michele

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